Sala operatoria con più robot e intelligenza artificiale
I medici favorevoli: «Interventi quasi automatici», ma avvertono «Costi alti»
Il 26 ottobre, al centro Chiros di Torino, si potrà provare gratis il Silver Index di Hunova, sistema automatico per misurare il rischio di caduta di un paziente. E la Clinica Fornaca è ormai centro di riferimento in Europa per l’impiego di Excelsius Gps, che consente interventi alla colonna vertebrale. C’è poi il Da Vinci XI, il robot impiegato in complesse operazioni per evitare l’asportazione del rene aggredito dal cancro. Nella nostra sanità, insomma, l’epoca dei robot dottori è cominciata da un pezzo. E le novità si susseguono.
L’8 novembre, a New York, si parlerà del Piemonte. E di quando la nostra regione sia all’avanguardia nell’urologia. Ne parlerà il professor Francesco Porpiglia, dell’ospedale San Luigi di Orbassano, uno dei medici che fin dal 2002 ha creduto nelle potenzialità dei robot-chirurghi, oggi addirittura preferibili ai medici in carne e ossa negli interventi per tumore alla prostata per accuratezza e capacità di limitare al massimo gli effetti collaterali. Soltanto nel 2018, Porpiglia ha eseguito quasi 500 operazioni con l’aiuto del Da Vinci XI, il robot più noto, che il docente impiega anche in complesse operazioni per evitare l’asportazione del rene aggredito dal cancro e il rifacimento della vescica.
Una tecnologia che nel tempo Porpiglia ha combinato alla ricostruzione in 3D degli organi da operare per intervenire in maniera sempre più precisa. E, adesso, pure all’intelligenza artificiale. «Con il Politecnico di Torino — spiega — abbiamo messo a punto un software che permette di sovrapporre in automatico le immagini 3D con quelle del corpo del paziente per migliorare ancora i nostri risultati». A New York si parlerà proprio di questo. Ma non si tratta dell’unico caso in cui un robot è entrato a pieno titolo in una équipe. Il 26 ottobre, al centro Chiros di Torino, si potrà provare gratis il Silver Index di Hunova, sistema automatico per misurare il rischio di caduta di un paziente. E la Clinica Fornaca è ormai centro di riferimento in Europa per l’impiego di Excelsius Gps. Un altro strumento della stessa famiglia, presente solo qui in Italia, per interventi alla colonna vertebrale. Dopo quattro ore il paziente è già in piedi. Nella nostra sanità, insomma, l’epoca dei robot dottori è cominciata da un pezzo. E le novità si susseguono. «I nostri esperimenti con l’intelligenza artificiale, già eseguita su una decina di pazienti, è un primo passo verso l’automazione delle operazioni», non nasconde Porpiglia.
Con lui, tra i primi ad aver sfruttato le potenzialità del robot, c’è il professor Mario Morino, direttore della Chirurgia universitaria 1 dell’ospedale Molinette. Anche qui il primo esemplare di Da Vinci è entrato nel 2002. E Morino lo impiega per gli interventi oncologici più difficili all’esofago e allo stomaco e sui pazienti obesi.
Non solo. Nel 2018, in corso Bramante, è arrivato anche Flex Robotic. Un robot presente solo qui in Europa e in pochissimi centri al mondo che asporta i tumori attraverso gli orifizi naturali: l’ano, nel caso del cancro al colon e la bocca, per quelli a carico della faringe. «Il problema sono i costi — non nasconde Morino — che per le tecnologie più complesse sono sempre elevati». Un robot Da Vinci costa due milioni di euro. La sua manutenzione può raggiungere la cifra record di 300 mila euro, per non parlare delle spese per gli strumenti da abbinare durante le operazioni. Operazioni che costano fino a seimila euro in più rispetto a quelle senza robot.
«Questa tecnologia è un investimento molto importante — aggiunge Morino — e va limitata ai casi più complessi. Ma c’è una notizia positiva. I brevetti del Da Vinci stanno per scadere. E, infatti, sul mercato si stanno affacciando almeno quattro o cinque aziende pronte a sfidare quella che fino a oggi è stata la monopolista, il che permetterà un abbassamento di costi».
Quindi ci dobbiamo preparare a una nuova invasione di robot. Anche se, intanto, nessuno sta a guardare. Una dottoressa dell’irrcs di Candiolo è già partita per la Corea del Sud per imparare a usare il Da Vinci Single Port: promette di non lasciare cicatrici, disponibile dal 2020 nell’istituto oncologico. E al Mauriziano c’è il sistema a navigazione magnetica Stereotaxis utilizzato per gli interventi al cuore.