«Il 118 arrivò tardi, voglio giustizia per mia madre»
Il figlio fa causa ai soccorritori: «Più di mezz’ora di attesa e circa due ore per arrivare in ospedale»
Èmorta a 44 anni il quattro gennaio al Martini, dove era arrivata già quasi in fin di vita, dopo aver atteso a casa l’ambulanza per 35 minuti, mezzo che la avrebbe trasportata in ospedale fermandosi ai semafori rossi e a sirene spente. Adesso Omar, il figlio di Laura Lorena Rapelli ha deciso di fare causa civile al 118. Il ragazzo si è rivolto agli avvocati Gino Domenico Arnone e Federico Depetris perché non si capacita di come sua madre avesse dovuto attendere un tempo così lungo dal momento in cui insorse il malore al ricovero in pronto soccorso. Spiega l’avvocato Arnone: «Laura Rapelli, che non aveva mai sofferto di patologie pregresse, si è sentita male di mattina. Aveva le labbra scure e respirava male. La figlia minore chiamò i parenti, che a loro volta allertarono il 118. La chiamata avvenne alle 9 di mattina. Ma la paziente entrò in ospedale solo alle 10.50. Cosa è successo in tutto quel tempo?». È una domanda che, per i parenti, vale una richiesta risarcitoria che sfiora i 400mila euro: questa la somma che i legali chiederanno al 118 o a Città della salute. «Inoltre — precisa l’avvocato Arnone — l’ambulanza arrivò al Martini a sirene spente e senza segnalatori acustici. Il 118 si era presentato a casa della vittima alle 9.35, dopo 35 minuti di attesa, tempo un po’ eccessivo per un’urgenza. Ma noi riteniamo anche grave che i sanitari, in casa, confusero la tromboembolia della paziente con un semplice attacco di panico. Le dissero di stare calma, che non era nulla di grave, perdendo tempo prezioso». «Le dicevano che doveva stare sdraiata, quando aveva le labbra viola», hanno raccontato i parenti ai legali, aggiungendo: «Erano anche senza barella, e hanno portato il corpo di Laura giù per le scale per quattro piani». Il figlio della donna aveva seguito l’ambulanza in taxi. È stato lui a notare che il mezzo si sarebbe fermato ai semafori rossi, procedendo a sirene spente. Quando Laura arriva al Martini, alle 10.46, viene visitata subito: è grave. Poco dopo le 10.50 va in arresto cardiaco e muore. Trombo embolia polmonare, la causa del decesso accertata. «Il medico legale — sottolinea l’avvocato Arnone — ha chiarito che, se i sanitari del 118 avessero riconosciuto che si trattava di un attacco respiratorio e avessero portato la paziente prima in ospedale, si sarebbero potute praticare terapie tese a provocare riflessi vasovagali responsabili di aritmia cardiaca e riflesso ipossico polmonare con broncocostrizione e cardiodepressione». La Procura aveva archiviato il caso, ma per il figlio della donna si tratta di una morte inaccettabile: chiede giustizia.