La mano bionica che esegue il movimento quando lo pensi
Torino unica a testarla nel Nord Italia
Con la mano bionica di ultima generazione si può andare in moto. E diventare istruttore di guida di motocicletta, trasformando la propria passione in un lavoro nuovo e reinventandosi una vita. È la storia incredibile di Maurizio Castelli, 27 anni. Il primo paziente in Italia a indossare questo arto artificiale di ultima generazione, arrivato dalla natia Viterbo a Torino per mostrare le sue potenzialità a un ristretto gruppo di ortopedici, fisioterapisti, fisiatri e chirurghi. Ieri il debutto nel nostro Paese di questa protesi, che di nome fa Myo Plus.
Con la mano bionica di ultima generazione si può anche andare in moto. E addirittura diventare istruttore di guida di motocicletta, trasformando la propria passione in un lavoro nuovo reinventandosi una vita. È la storia incredibile di Maurizio Castelli, 27 anni. Il primo paziente in Italia a indossare questo arto artificiale ipertecnologico, arrivato ieri dalla natia Viterbo a Torino per mostrare le sue potenzialità a un ristretto gruppo di ortopedici, fisioterapisti, fisiatri e chirurghi. Appuntamento nell’area X di Intesa Sanpaolo Assicura. Nella Giornata internazionale delle persone con disabilità, l’incontro ha segnato il debutto nel nostro Paese di questa protesi, che di nome fa Myo Plus. La produce l’azienda tedesca Ottobock. Ma è in città che c’è l’unico ente autorizzato ad applicarla per tutto il Nord Italia, l’officina Ortopedica Maria Adelaide.
La novità di questo prodotto non è tanto ciò che permette di fare. Bensì come funziona: chi indossa Myo Plus pensa un qualunque movimento e l’arto lo esegue. Come se fosse una mano in carne e ossa. È possibile grazie a otto elettrodi posizionati sull’avambraccio che decodificano gli stimoli in arrivo dal cervello e li traducono in gesti.
«Una svolta epocale», dice il professor Giuseppe Massazza, direttore del Dipartimento di Ortopedia, traumatologia e riabilitazione della Città della Salute. Perché le protesi utilizzate finora erano dotate solamente di due elettrodi posizionati sull’avambraccio. «Che permettevano di aprire o di chiudere la mano non distringevo, rettamente, ma flettendo o estendendo il polso. Un movimento del tutto innaturale», spiega Roberto Ariagno, direttore dell’officina Ortopedica Maria Adelaide.
Tant’è che Maurizio non è nemmeno riuscito a utilizzare l’arto artificiale vecchio stile. «Mi faceva male, bastava toccarlo con l’altro braccio perché gli elettrodi si attivassero facendo cadere gli oggetti che non era funzionale». Oggi invece, quando parla, questo giovane ex militare dell’esercito gesticola spontaneo anche con la mano bionica. Con cui può anche allacciarsi le scarpe, sollevare una cassa d’acqua, portare un trolley.
«Gli otto elettrodi — precisa Ariagno — imparano gli schemi di movimento del paziente. In linea generale, l’importante
Il dottor Roberto Ariagno, direttore dell’officina ortopedica Maria Adelaide , con il paziente Maurizio Castelli mentre prova la sua mano
è che quest’ultimo abbia una amputazione fresca, perché così li ha ancora in mente e riesce a insegnarli alla protesi».
Per farlo si utilizza un «braccialetto» posizionato nella parte rimasta dell’avambraccio prima dell’applicazione dell’arto artificiale. Il sistema permette anche di capire se Myo Plus è adatta al paziente
Come funziona Sull’avambraccio otto elettrodi decodificano gli stimoli che arrivano dal cervello
e se quest’ultimo sarà, poi, in grado di utilizzarla.
Oggi l’officina Ortopedica Maria Adelaide ha proposto il prodotto a tre persone. Tra loro, un giovane appena amputato a causa di un incidente ma, pure, un uomo di 80 anni, senza una mano da 60. «A volte gli incidenti sono inevitabili — conclude il professor Bruno Battiston, a capo della Chirurgia della mano dell’ospedale Cto — ma poi fare la riabilitazione giusta e rivolgersi a centri specializzati può davvero fare la differenza».
Le vecchie protesi fanno aprire la mano flettendo il polso