Corriere Torino

Alysa, la bimba che vince da grande

Alysa ha 14 anni e sul ghiaccio batte gli adulti con numeri straordina­ri È la stella più attesa al Grand Prix, anche se gareggerà tra le juniores

- Mecca

È alta un metro e 40 e la rivista statuniten­se «Time» l’ha inserita nella lista delle cento migliori promesse. Non dello sport, ma del futuro. È lei che ha reso l’america di nuovo grande, non soltanto nell’ice skating. Alysa Liu lo scorso gennaio, a quattordic­i anni non ancora compiuti, è diventata la più giovane campioness­a statuniten­se di pattinaggi­o sul ghiaccio. Otto mesi dopo è diventata la prima donna nella storia capace di eseguire un triplo axel e un salto quadruplo in una singola esibizione.

Èalta un metro e 40 e la rivista statuniten­se «Time» l’ha inserita nella lista delle cento migliori promesse. Non dello sport, ma del futuro. Simone Biles con i pattini, è lei che ha reso l’america di nuovo grande, non soltanto nell’ice skating. Alysa Liu lo scorso gennaio, a quattordic­i anni non ancora compiuti, è diventata la più giovane campioness­a statuniten­se di pattinaggi­o sul ghiaccio. Otto mesi dopo, a Lake Placid, New York, è diventata la prima donna nella storia capace di eseguire un triplo axel e un salto quadruplo in una singola esibizione. Alla fine dell’esercizio, dopo essersi inchinata e aver sorriso al pubblico, timida come al solito, ha detto: «Sono felice, ho provato a saltare e ci sono riuscita». Non sapeva cos’altro aggiungere, per fortuna le è venuto in soccorso l’account ufficiale della squadra olimpica statuniten­se, che ha twittato: «La storia si sta compiendo sotto i nostri occhi».

I torinesi sono fortunati, potranno ammirarla dal vivo questo fine settimana. È lei l’atleta più attesa della Grand Prix Final, l’evento mondiale che chiude il circuito stagionale e che si terrà al Palavela da giovedì a domenica. Liu gareggerà domani e venerdì, ed è la favorità nella categoria juniores. Avrebbe talento e preparazio­ne per esordire tra i grandi, peccato per l’anagrafe: è troppo giovane per gareggiare tra gli adulti, così aspetta. Non è che le piaccia vincere facile, ma non può fare altrimenti, almeno fino alle Olimpiadi invernali che si svolgerann­o a Pechino nel 2022, quando avrà finalmente compiuto sedici anni.

Il ghiaccio le ha salvato la vita, le ha concesso una tregua dalla domanda più dolorosa per una bambina: «perché tu e la mamma non state più insieme? Perché non viviamo come una vera famiglia?». A otto anni, Alysa, in una pausa tra una gara e l’altra, ha trovato il coraggio di fare un’altra domanda a suo papà Arthur, nato in un villaggio sperduto della Cina e scappato negli States dopo le proteste di piazza Tienanmen del 1989: «Perché non ti somiglio per niente? Perché tu hai gli occhi a mandorla e io no?». Era ancora piccola, ma meritava una risposta. Arthur le ha spiegato che lei e i suoi quattro fratelli sono stati concepiti con una fecondazio­ne in vitro da due madri surrogate, due donne bianche statuniten­si. «Credo di aver speso tutti i miei risparmi per riuscire a formare una grande famiglia, numerosa come quella che sono stato costretto ad abbandonar­e quando ho lasciato la Cina». Alysa si è dovuta rassegnare ai suoi occhi da occidental­e, il padre è riuscita a convincerl­a che il melting pot su di lei ha fatto miracoli: «Guardati: hai preso il meglio della Cina e il meglio degli Stati Uniti». Questione di geni. È stato anche merito loro se Alysa Liu è diventata una campioness­a, «the next best thing», come la chiamano nel suo Paese, la grande speranza insieme alla tennista Coco Gauff di cui lo sport e gli Stati Uniti del dopo Biles hanno un disperato bisogno.

Ogni volta che glielo si fa notare, lei, che come ricompensa dopo una vita passata a scivolare sul ghiaccio ha un’unica richiesta e cioè una vacanza a Disneyland come tutti i suoi coetanei, risponde sempre: «Non devo pensare di essere la più brava, anche perché non sarebbe la verità. Devo migliorare ancora». Durante questi anni di passaggio in cui sarà costretta a guardare le altre vincere medaglie al posto suo si è data un unico obiettivo: «Non smettere mai di saltare». Lo deve a suo papà, che si è dovuto guadagnare ogni cosa, compresa la possibilit­à di metterla al mondo, ai suoi quattro fratelli che non hanno avuto né l’opportunit­à né il talento per pattinare. Quando ha vinto il suo primo oro in un campionato nazionale, Alysa Liu non ha avuto bisogno di pensarci nemmeno un secondo: si è tolta la medaglia dal collo ed è corsa a consegnarl­a a papà Arthur: «Te la meriti tu più di me».

❞ Il padre Ho speso i risparmi per formare la famiglia che ho lasciato in Cina

❞ Lei e i suoi fratelli sono nati da madri surrogate e con la fecondazio­ne in vitro

❞ La mia Alysa ha preso il meglio della Cina e il meglio degli Stati Uniti

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Record di precocità Alysa Liu a 13 anni ha vinto il campionato nazionale statuniten­se
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