«Il mio Mario Lattes, che Torino non amava»
Parla la moglie Caterina, da dieci anni presidente della Fondazione «In primavera pubblicheremo il suo “Castello d’acqua”»
saggistica in cui viene citata la rivista Questioni, fondata nel 1956 e condotta da Mario fino al 1960. Fu molto importante, vi collaborarono personalità come Abbagnano o Adorno».
Che tipo di intellettuale fu Mario Lattes?
«Molto particolare e originale. Cordiale, spiritoso, ma anche aristocratico perché non si mescolava alle mode. Aveva una passione per l’inghilterra e conosceva l’inglese alla perfezione, gli fu utile quando fuggì da Torino per le leggi razziali, andò in Sabina e quando l’ottava armata inglese arrivò a Rieti lui fece da interprete per loro in Tribunale. Mario fu legatissimo a Torino, che amava e odiava, dalla quale fu anche odiato. Nessuno è profeta in patria? Di lui si può dire».
Particolare anche di carattere?
«Sì, ma era un uomo con un estremo bisogno di affetto. Sua madre morì quando lui nacque e si portò dietro questo problema. Oggi molti intellettuali e scrittori, com’è giusto che sia, hanno un proprio mercante e si fanno pubblicità, Mario invece non faceva nulla di tutto questo».
Come descrive questi primi dieci anni della fondazione?
«Con un esempio. Quest’anno abbiamo dato il Premio Lattes Grinzane a Murakami. È una persona riservata, non ha voluto partecipare a pranzi ufficiali, ma allo stesso tempo girava per il paese ed era gentile, una volta mi ha fermato per farmi una foto. Ecco, questo è stato un segno molto importante per noi. Nei primi tempi abbiamo fatto concerti, poi mostre, ora pensiamo già al centenario della nascita di Mario del 2023».
E nell’immediato?
«Una manifestazione nella sede di a Monforte d’alba, nella quale coinvolgeremo le scuole medie per il Giorno della Memoria. Poi un nuovo premio, dedicato alla traduzione, il 20 giugno 2020».