Autorizzazioni false con l’ortografia sbagliata
Promuovevano in tv le macchinette come curative della ludopatia
Una slot in grado di «curare» la ludopatia. Sembra una presa in giro, eppure Franco Femia, pregiudicato e indagato dell’operazione di finanza e polizia che ieri ha portato a centinaia di sequestri in Italia, sosteneva la sua tesi anche in una tv privata calabrese. Le autorizzazioni per le slot «curative» sarebbero un clamoroso falso. Lo si capisce dal fatto che sotto la dicitura «Ministero dello sviluppo economico» compaiono errori di ortografia.
Una slot in grado di «curare» la ludopatia. Sembra uno presa in giro, eppure Franco Femia, pregiudicato e indagato dell’operazione di finanza e polizia che ieri ha portato a centinaia di sequestri in Italia, sosteneva la sua tesi anche in una tv privata calabrese. Ospite di una tavola rotonda con un finanziere, l’uomo, appartenente alla nota famiglia di Gioiosa Ionica e gestore della Grillo games srl, ditta che vende macchinette in tutto il Paese, esclamava: «Non ci guadagno niente, ho inventato le slot perché ho avuto una brutta esperienza con mio figlio e voglio aiutare i giocatori incalliti». Non gli avevano ovviamente creduto i finanzieri del secondo nucleo operativo metropolitano di Torino, che hanno dato vita all’inchiesta insieme alla mobile, scoprendo un traffico di slot abusive ancora più dannose di quelle regolari.
«Si gioca con i gettoni e non c’è guadagno», giurava Femia. Ma le Fiamme gialle hanno smascherato il trucco: le slot della Grillo avevano giocate di soli quattro secondi, un tempo inferiore rispetto a quello delle macchine a norma, che peggiora la compulsività del ludopata. I gettoni poi venivano cambiati con soldi veri. E il ricavato per proprietario e gestore era enorme. Ovviamente nessuna tassa veniva pagata. Sono oltre 70 i locali sequestrati in Italia, 18 sono in Piemonte, a Torino, Brandizzo, San Mauro. A Fara Novarese la mobile ha indagato Gianluca Castiglia: avrebbe persuaso i titolari dei locali a vendere i gettoni delle macchine al prezzo di un euro, «pagando le vittorie in ugual misura, in modo da ripartire i profitti a metà con lui», scrive il pm Alessandro Aghemo nel decreto di sequestro. Davide Fazari di San Giorgio Canavese, anch’egli indagato, avrebbe fatto lo stesso a Vergnasco di Cerrione, riconoscendo al titolare della sala il 10 % degli utili.
I cinque indagati, a partire da Femia, sono accusati di frode di commercio per aver venduto «cose diverse da quelle dichiarate». Il grande falso è stato rivelato anche dal direttore del dipartimento Patologia delle dipendenze dell’asl To 3, Paolo Jarre, che nella consulenza scrive: «L’apparecchio pur essendo propagandato come strumento di cura non soddisfa alcun criterio di quelli ammessi all’utilizzo». Anche l’attestato che Femia mostrava nel vendere le slot «curative» sarebbe un clamoroso falso. Lo si capisce, c’è scritto nel decreto, dal fatto che sotto la dicitura «Ministero dello sviluppo economico» compare la parola «contrafazione» con una «f» sola. Seguono altri errori di ortografia. Alcuni mesi fa, nella tv della Locride, Femia diceva, incalzato dal presentatore che gli chiedeva cosa ci guadagnasse un barista a riempirsi la sala di slot «curative»: «Chi gioca si prende sempre un caffè o un’aranciata. E quando va a pagare, di solito lascia due euro in più, così di sua volontà». Una sorta di mancia per la cura e forse c’è anche chi ci credeva.
La costruzione Gli apparecchi venivano prodotti da una società in provincia di Reggio Calabria