Quelle soffiate dalla Procura: «C’era una talpa»
‘Ndrangheta, davanti ai pm un arrestato ricostruisce la spiata su un blitz antidroga
C’era una talpa in Procura, che passava informazioni a esponenti della criminalità organizzata. Lo conferma un arrestato, davanti ai pm.
Dentro la Procura c’era (o c’è) una talpa, perché certe informazioni spifferate a presunti esponenti della criminalità organizzata «non potevano che provenire direttamente da pubblici ufficiali depositari del segreto investigativo». Dopo le intercettazioni e le parole scritte nell’ordinanza del gip, che un mese fa ha fatto scattare la maxi operazione di carabinieri e Dda contro la ‘ndrangheta, arriva un interrogatorio di chi, quelle preziose informazioni, ricevette. Bruno Pezzolato, 40 anni, in custodia cautelare per favoreggiamento aggravato e traffico di stupefacenti, il 25 novembre parla davanti ai pubblici ministeri Monica Abbatecola e Paolo Toso: e conferma che, dopo un grosso sequestro di droga fatto dai carabinieri, l’organizzazione era andata in fibrillazione, e lui aveva appreso dall’allora suo difensore, Pierfranco Bertolino, come fosse in atto una maxi indagine dai militari dell’arma e dalla direzione distrettuale antimafia.
Ma il legale, scomparso qualche settimana dopo una lunga malattia, fu solo il mezzo della soffiata: dietro, c’era insomma una talpa, un infedele funzionario dello Stato. Sulla cui identità ci possono essere cattivi pensieri, non certezze. Nonostante i magistrati abbiamo fatto a Pezzolato precisa domanda: «Chi era l’informatore?». Inutile: «Non lo so», ha risposto l’uomo, assistito dall’avvocato Claudio Miglio. Anche se l’indagato ricorda bene la circostanza, quei giorni tra il settembre e l’ottobre del 2016. Parla dei dialoghi con Vincenzo Pasquino, altro coinvolto nel blitz, e della richiesta di vedere il legale. Pure perché, dopo il sequestro di droga, ce ne fu un altro, in possesso di un paio di nordafricani, di una partita direttamente trattata da Pezzolato: che temeva di averci lasciato sopra le proprie impronte digitali. E, quindi, di essere in pericolo. Come da intercettazione (di Pasquino): «Mi ha chiamato Bruno dice che l’avvocato l’ha chiamato e gli ha detto che stanno facendo un’operazione grossa, i carabinieri e il pm Locci». Con intercettazioni e microspie. Ed è in quei giorni che, vista l’accidentale sovrapposizione di due indagini, una della Squadra mobile con l’allora pm Andrea Padalino e quella dei carabinieri, la polizia interruppe le attività. Morale del gip: «Dal canto suo, il legale non poteva entrare legittimamente in possesso di tali informazioni». All’epoca, erano a conoscenza solo di una ristretta cerchia di persone.