Tra i navigator torinesi solo bocche cucite Non hanno strumenti, troppi i colloqui da fare
«Ci dispiace, ma per contratto non possiamo rilasciare interviste senza permesso». Non parlano i navigator torinesi. Hanno paura. Nessuno vuole rischiare di perdere un lavoro (a tempo determinato) che gli vale circa 1700 euro netti al mese: «È un rischio che non possiamo correre. Il codice etico dell’ente va rispettato». Un ente a cui quello che avrebbero da dire, probabilmente, non piacerebbe. Assunti dopo una trafila lunga e macchinosa, i navigator non hanno gli strumenti per poter lavorare. E così al momento, per non esporsi, nessuno ha il coraggio di dire come stanno davvero le cose. Nemmeno in forma anonima. «Provate a rivolgervi all’ufficio stampa di Anpal Servizi», mormora qualcun’altro. I navigator, nella maggioranza dei casi, sono neolaureati al primo impiego. Non vogliono rischiare ripercussioni per non finire dall’altra parte del tavolo, quella dei beneficiari del reddito di cittadinanza che dovrebbero aiutare. «Stiamo aspettando nuove indicazioni, non saprei cosa dire sinceramente, ricontattateci tra qualche mese», racconta Francesco, 27 anni, laureato in psicologia del lavoro. Ora, forse non sta nemmeno svolgendo il suo compito. O, più probabilmente, non è riuscito a portare a buon fine l’iter per nessuno dei disoccupati: magari un incontro, difficilmente la firma di un contratto. Francesco è uno dei 155 navigator che dovrebbero affrontare colloqui con 17 mila residenti torinesi. Questo significa dover seguire l’iter, dal centro dell’impiego all’assunzione, per circa 109
Tra i potenziali percettori del reddito di cittadinanza tanti torinesi che dovrebbero sostenere colloqui preliminari persone a testa. Gradualmente, certo, ma sono comunque tante. Troppe. Il dato peggiora se si considera che i posti occupabili sono poco più di sette mila. Molti destinatari del reddito raccontano di non aver fatto neanche il primo colloquio. E così la seconda fase del reddito di cittadinanza ad oggi è un flop. Gli assegni dovevano essere momentanei, poi l’impiego. Ma, per ora, sono l’unica parte della misura «andata a buon fine».