Canavesio si mangia il food delivery di Domino’s pizza
Al manager la gestione del marchio in Piemonte
Nel menu — tutto imprenditoriale — di Davide Canavesio, l’amministratore delegato di Environment Park, non c’è più solo il Whopper. Con l’arrivo del nuovo anno, accanto al panino simbolo di Burger King — la catena di cui l’imprenditore 48enne detiene i diritti per il franchising nel Nordovest — troverà spazio un altro piatto simbolo dell’american way della ristorazione. È la pizza «made in Michigan» (ma, giurano, con ingredienti italiani) di Domino’s. Un brand arrivato in città nell’estate 2018 con sei punti vendita e le riconoscibili motorette elettriche guidate dai suoi driver che assicurano la consegna a domicilio in 20 minuti. Una flotta di cui ha tessuto le lodi anche l’ex ministro del lavoro Di Maio, che conta cento fattorini — contrattualizzati, assicurati e senza pagamento a cottimo — da moltiplicare nel giro di tre anni con altre 250 assunzioni. Canavesio è pronto a diventare il responsabile del marchio in Piemonte. Con un piano di investimenti di 5 milioni nel cassetto per le pizzerie da 6 a 20.
Domino’s, multinazionale con 15 mila punti vendita, che ha superato Pizza Hut per giro d’affari a quota 11 miliardi di dollari, ha iniziato a operare in Italia nel 2015 a Milano. Nell’arco di quattro anni sono stati aperte 27 ristoranti (e assunti 500 dipendenti) tutti nel Nord Italia.
Ma perché un’espansione solo a Settentrione, si teme la ricetta napoletana? «Le nostre sono ragioni logistiche legate alla capacità di un collegamento veloce tra i negozi e lo stabilimento di Buccinasco dove si produce l’impasto», spiega Alessandro Lazzaroni, ceo di Domino’s in Italia. Dopo lo sbarco con una gestione diretta dei locali, è pronto a lasciare il testimone (e l’onere degli investimenti finanziari) a un partner privato per allargare la presenza in Piemonte.
Si annuncia serrato il ritmo delle nuove aperture. «Nel 2020 ne prevediamo due a Torino città, una nella zona Ovest. E due nella cintura. Per procedere a quattro inaugurazioni all’anno», spiega il ceo da Domino’s.
Il modello di business è molto attento al bilanciamento geografico. «Le nostre pizzerie hanno l’ambizione di essere parte integrante del quartiere come un tradizionale negozio di vicinato. Ma devono essere diffuse anche per un altro motivo: ridurre al massimo il tempo di consegna permette di assicurare l’arrivo caldo del cibo», aggiunge Lazzaroni.
Il food delivery è un capitolo centrale del sistema Domino’s quanto la possibilità di ordinare (e seguire passo passo con precisione cronometrica) l’arrivo della propria pizza Margherita, Hawaiana, Pepperoni o quella personalizzata dal cliente che, con qualche tocco di smartphone, si può trasformare in chef.
Al gruppo, Canavesio porta la sua esperienza nel settore della ristorazione consolidata con Burger King (il 20 dicembre verrà lanciata una nuova insegna allo Juventus Stadium). E quella propensione all’innovazione tecnologica che l’imprenditore coltiva, per esempio, come advisor di Wetaxi, l’app del taxi condiviso. Un aspetto da non sottovalutare visto che Domino’s è la catena che sta lavorando negli Usa per organizzare la consegna delle pizze con i droni e le auto a guida autonoma.
L’ad Lazzaroni «Nel 2020 apriremo 5 pizzerie e procederemo con 4 inaugurazioni all’anno»