La trattativa per lo sconto E i soldi sono «caramelle»
Dopo essere stato eletto in Consiglio regionale, Roberto Rosso non voleva versare agli esponenti della ‘ndrangheta (Garcea e Viterbo) la somma concordata, perché riteneva di aver preso meno voti del previsto. «No — dice a Enza Colavito al telefono —, io ho verificato e sono dei cacciapalle incredibili. Diglielo pure». Gli investigatori sottolineano che nel Comune di San Gillio, dove peraltro risiede uno dei presunti boss con la famiglia, il candidato di Fdi ha raccolto solo due preferenze. La decisione di Rosso scatena commenti poco lusinghieri da parte di Viterbo, che sbotta: «Il suo comportamento è stato uno schifo». Il patto iniziale era di un «pacchetto di voti» in cambio di 15 mila euro. Soldi che il consigliere regionale avrebbe dovuto pagare in cinque tranche. L’accordo viene formalizzato il 14 maggio 2019. L’incontro sarebbe valso a Rosso uno sconto. «Gli siamo andati incontro di tanto…. Ma poi ti spiego Enza», racconta infatti Viterbo alla Colavito, che con lui si era raccomandata «affinché non le facesse fare brutta figura». Poi l’assessore cambia idea. Avviene dopo lo spoglio, quando capisce che il «pacchetto» è stato meno consistente del previsto. E dopo una laboriosa trattativa propone un nuovo accordo: corrispondere una somma di denaro pari alla metà di quanto pattuito. È in questo clima che i soldi si trasformano in «caramelle», nel linguaggio degli indagati. «Eh 5 (5 mila euro) e bon tagliamo la testa al toro di differenza e basta», dice Colavito a Vittorio De Bellis, che risponde: «Glielo dico, provo a dirglielo, ok». La donna insiste: «Cinque, e tre caramelle (3mila euro) le han già prese».