Corriere Torino

La montagna delle donne Un binomio pieno di storia

Dagli skiatori alla Dolce vita: 150 anni da leggere ne «Il libro della neve»

- Giorgia Mecca

Li chiamavano skiatori. Era la fine dell’ottocento e un gruppo di uomini un po’ incoscient­i, con dei pezzi di legno sotto ai piedi, stava per cambiare per sempre il volto delle montagne. Il Piemonte fu la prima regione ad accogliere lo sci: nel 1901 in Val Sangone nacque lo ski Club Torino, il primo in Italia; cinque anni dopo, il 6 gennaio 1906, venne inaugurata la prima stazione alpina invernale, a Sauze D’oulx.

Fu una rivoluzion­e alla quale aderirono tutti: nobili, borghesi e contadini, uomini ma anche e soprattutt­o donne che usarono la nuova disciplina per emancipars­i e cominciare a portare i pantaloni, nel senso letterale del termine. «Quelli da sci sono stati i primi pantaloni che le donne hanno potuto indossare anche al rientro dalle piste». Lo racconta Franco Brevini nel suo «Libro della neve. Avventure, storie, immaginari­o» (editore Il Mulino).

Nel saggio, il professore di letteratur­a italiana, all’università di Bergamo, racconta la storia delle nostre montagne e di due millenni di vita tra i ghiacci di tutto il mondo, tra animali selvatici, Zanna bianca, battaglie sulle nevi, illustrazi­oni, la passione di Hemingway, Nabokov e Gozzano per gli sci, Edoardo Vianello e il suo cucuzzolo con la neve alta così.

«Fin cha’a fioca, a va tut bin» recitava un antico proverbio piemontese: finché nevica va tutto bene. Da motivo di disagio, negli anni Sessanta la neve viene soprannomi­nata l’oro bianco. Tutti vogliono benessere e tutti vogliono sciare, in quel tempo la Dolce Vita si trova in alta quota più che altrove. Sperdute località di montagna un tempo inaccessib­ili e dunque sconosciut­e diventano cantieri, cementific­i, luoghi ideali per la speculazio­ne edilizia: si realizzano strade, si scavano galleria, si costuiscon­o case, lussuosiss­imi alberghi, condomini che sembrano un pugno nell’occhio di montagne incantate, «seguendo la regola del futile e sciagurato modernismo», dice Brevini.

A Sestiere, per esempio, «i 16mila metri cubi di costruzion­i esistenti nel 1938 erano diventati 990mila nel 1985». Anche questo è il boom economico, la sua parte peggiore. Le piste si dotano di impianti di risalita, il primo slittone viene installato a Bardonecch­ia nel 1934. Da allora funicolari, sciovie, slittovie, skilift e finalmente seggiovie. Come scrive Buzzati sulle pagine del Corriere della Sera «si ha unicamente sete di discesa». La montagna, un tempo respingent­e, si trasforma in status symbol, in una locandina dell’epoca una donna che scia sullo sfondo del monte Cervino diventa l’immagine stessa della gioia di vivere. «Lo sci ha difeso la montagna dall’isolamento e dallo spopolamen­to. Oggi grazie alla neve e allo sci, le Alpi costituisc­ono il secondo polo europeo di prosperità, precedute solo dalle grandi aree metropolit­ane», spiega Brevini nel suo libro che è un viaggio anche attraverso bellissime immagini e fotografie d’epoca tra gli usi, i costumi e i piaceri degli italiani di una volta. Il boom economico è finito, la Dolce Vita anche; al contrario le montagne rimangono ferme al loro posto.

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