Le lettere e il violino: Scalero torna a casa
A 150 anni dalla nascita del maestro di Moncalieri l’istituto per i Beni musicali ha ricomposto l’archivio
Una delle sigle più celebri della televisione è sicuramente quella dell’almanacco del giorno dopo. La trasmissione, andata in onda sui canali Rai dal 1976 al 1994, veniva introdotta da una melodia inconfondibile. L’autore è Riccardo Luciani, palermitano da decenni a Firenze, che deve la sua formazione a un piemontese: è stato infatti l’ultimo allievo di Rosario Scalero. Nato a Moncalieri nel 1870, scomparso nel 1954, Scalero lavorò moltissimo negli Stati Uniti, fra New York e Philadelphia, e fondò a Roma, nel 1912, la «Società del Quartetto». Acquistò un castello a Montestrutto, frazione di Settimo Vittone, nell’alto Canavese, dove passava le estati e riceveva grandi nomi della musica mentre seguiva i suoi allievi. Era ben inserito nell’ambiente e lo dimostra il suo corposo archivio epistolare di recente acquisito dal Centro di ricerca dell’istituto per i Beni Musicali del Piemonte, nella sede cuneese di Saluzzo.
È un grande risultato che arriva giusto in tempo per il 150esimo anniversario della nascita di Rosario Scalero, che sarà ricordato con un concerto di Natale, dedicato a lui e ai compositori canavesani, in programma domani a Montestrutto.
Ma il clou delle celebrazioni sarà l’11 e il 12 giugno 2020, quando il Conservatorio di Torino ospiterà un convegno dedicato a Scalero e un concerto del Trio Il Furibondo, su musiche del compositore e dei suoi allievi Clermont Pépin e Riccardo Luciani. In quell’occasione, Antonio Mosca, che con la moglie Lee ha fondato e dirige l’accademia Suzuki, donerà all’ente di piazza Bodoni il violino di Antonio Scalero, che sarà restaurato, ricevuto dall’erede del compositore, Monique de Ruette Arnoldi.
«L’acquisizione è avvenuta in due fasi — spiega Alberto Basso, musicologo e fondatore dell’istituto per i Beni musicali, ora nel Consiglio direttivo — prima nel 2004, quando la nipote di Rosario Scalero, che mi aveva conosciuto grazie a una tesi di Chiara Marola, ha deciso di dare in deposito al nostro istituto tutto ciò che era conservato nel castello di Montestrutto».
Il lavoro di Chiara Marola, musicologa e violinista eporediese, ha consentito al centro saluzzese di contattare anche i discendenti di Lavall in Québec, i quali hanno donato a settembre la loro parte, ricomponendo l’archivio di Rosario Scalero all’interno dell’istituto per i Beni Musicali del Piemonte. «Abbiamo un epistolario di oltre 2.300 lettere, 800 delle quali sono scambi con i famigliari che raccontano la vita musicale americana. Sono probabilmente piene di notizie ma bisogna leggerle, trascriverle e commentarle». I materiali, che includono anche 400 fotografie e numerose composizioni, a stampa e manoscritte, sono da studiare, ma l’istituto non ha a disposizione dei ricercatori che possano occuparsene in questo momento. «Sono arrivate richieste di collaborazione — aggiunge Basso — anche perché la figura di Scalero è da definire, in Italia è poco conosciuto ma compare nei dizionari americani. Credo fosse molto deluso da questo, ebbe riconoscimenti all’estero ma non qui. Ora siamo agli inizi, il treno è appena partito e non sappiamo dove arriverà». Di certo Scalero ebbe rapporti con compositori come Pietro Alessandro Yon (anche lui di Settimo Vittone), Alfredo Casella e Ottorino Respighi, conobbe Enrico Caruso, ebbe tra i suoi allievi Nino Rota, Gian Carlo Menotti e Samuel Barber, fu amico di Leone Sinigaglia e Luigi Salvatorelli. «Era evidentemente molto amato», conclude Alberto Basso. Il convegno di giugno, intitolato Un maestro fra due mondi (tributo al Festival dei due mondi di Spoleto, fondato nel 1958 da Menotti), proverà a rendere il giusto omaggio a Rosario Scalero.