LA PERIFERIA CHE SCIVOLA LONTANO
Torino è sempre stata una città che storicamente ha saputo convivere con gli immigrati, sapendoli integrare e facendosi riconoscere come una comunità. Aperta, plurale, mista.
È successo con la prima ondata di immigrazione dal Sud Italia, è continuato con l’immigrazione di tipo straniero dagli inizi degli anni ‘90 in poi. Inoltre, Torino ha sempre avuto uno spirito multiculturale: interi quartieri anche del centro avevano una componente di cittadini di origine straniera non indifferente: il Quadrilatero, San Salvario, Vanchiglia. E questo è sempre stato un vanto per la città. Poi, poco a poco, quegli stessi quartieri sono diventati «cool»: meta di giovani artisti, piccoli ristoranti, grandi laboratori. I quartieri centrali ma a prezzo accessibile si sono rivalutati nelle ristrutturazioni e nei costi a metro quadro delle abitazioni. Negli ultimi dieci anni è avvenuta una sostituzione di ceto sociale che espelle le fasce più deboli da quelle zone. Lo evidenzia la lucida analisi che Youtrend ha svolto per il Corriere Torino e che oggi pubblichiamo: una mappa colorata che aggiunge un ulteriore tassello alla lettura dello stato di salute della città. Quasi senza accorgercene, il mix di culture che attraversava la città, identificandola come una delle mete multiculturali più avanzate di tutta Europa, con un proprio modello di inserimento e immigrazione, sta lentamente scivolando via. Dividendo Torino in un centro largo oltre la Ztl frequentato da persone colte, innovative, favorevoli al monopattino, al centro chiuso e con l’auto elettrica. E una periferia sconfinata (a nord di Corso Regina, spiega l’analisi) in cui crescono le diffidenze e diminuiscono le speranze. Stiamo dando spazio e voce, in questi giorni, a persone illuminate e fuori dalla stretta cerchia della politica cui chiediamo un’opinione sulla Torino del futuro ora che iniziano i grandi giochi per le elezioni comunali del 2021. Alessandro Barbero, Paolo Verri, Mario Calderini sono solo i primi di una lunga serie di persone che possono, con il loro ragionamento, mettere a disposizione della città le proprie idee (le interviste le ritrovate tutte sul sito torino.corriere.it). Si prospetta un modello di città nuovo e differente rispetto a quello attuale. In fondo, la sindaca Chiara Appendino, attualmente in carica, ha saputo interpretare bene, quattro anni fa, lo spiazzamento delle periferie proponendo un altro modello di città, rimasto però per ora sulla carta. Vero, non basta una consigliatura, ma lo scivolamento delle periferie che stiamo documentando è avvenuto in dieci anni. Frenare la deriva è imperativo. La sfida del 2021 non può prescindere da un modello multiculturale che è nel Dna di Torino. La prima cosa da fare è prendere un ago e un filo che possano rammendare lo squarcio che la crisi economica ha portato nei nostri quartieri, nella vita di tutti i giorni, tra i vicini di pianerottolo. Espellendo una parte dei nostri concittadini, quasi a voler rimuovere un problema rinchiudendoli in quartieri ghetto. La capacità di Torino di essere inclusiva è stata una delle caratteristiche che ha contraddistinto la nostra città in tutto il secolo scorso. Il nuovo millennio non può essere diverso.