«Un’amnistia per le lotte sociali»
Oltre 3.500 militanti sfilano pacificamente in centro per chiedere la liberazione di Nicoletta Dosio
Corteo dei No Tav ieri in centro a Torino contro l’arresto della «pasionaria», Nicoletta Dosio, 73 anni, contraria alla costruzione della Torino-lione, in carcere dal 30 dicembre scorso.
Èdetenuta alle Vallette dal 30 dicembre, Nicoletta Dosio, eppure in questo pomeriggio di sole, è ovunque: nelle vignette, sugli striscioni, nei cori, del corteo No Tav che attraversa il centro per manifestare solidarietà a lei e a tutti «i compagni e le compagne cui è stata privata la libertà». Davanti alle circa 3.500 persone che verso le due si avviano da piazza Statuto, ci sono tante donne, tra le quali alcune colleghe dell’ex professoressa di Lettere, al liceo di Bussoleno: «Partigiane della terra e del futuro», dice la scritta rossa sullo striscione bianco, che agitano, cantando sulle note di «Think», di Aretha Franklin. E, va da sé, urlano, ripetendo il ritornello: «Freedom, freedom», libertà, libertà. Nicoletta è proprio lì davanti, in un bel disegno del vignettista Mario Biani, issato in cielo da una ragazza romana, che da un paio d’anni vive in Valle di Susa. Chioma rossa, la «pasionaria» è raffigurata in manette, ma con un ramo d’ulivo tra le braccia. Il suo volto spunta in un altro cartello, con un’azzeccata grafica tra le avanguardie russe e una locandina vintage: è un pensiero dell’associazione «Volerelaluna», che aveva affiancato il gesto di Nicoletta alle parole di Steinbeck («Furore») e alle note di Bruce Springsteen («Ghost of Tom Joad»).
E poi c’è il grande messaggio che Dosio ha spedito a tutti attraverso il suo avvocato, Valentina Colletta, e che non a caso sta più in alto di tutti, sul furgone che apre il corteo, a passo d’uomo: «Amnistia per le lotte sociali». Quella che chiedono tutti, lungo la manifestazione, dai militanti ai politici, anche del Pd, con il senatore Tommaso Cerno. Vanno in quel senso pure le parole di Adelmo Cervi, 76 anni, scrittore e nipote di uno dei sette fratelli fucilati dai fascisti nel dicembre del 1943, a Reggio Emilia. «Io porto la storia di sette uomini che diedero la vita contro la dittatura fascista e contro le ingiustizie — dice — ma un’italia giusta ancora non c’è l’abbiamo, e il caso dei No Tav lo dimostra».
Va da sé, la metafora è tragicamente sproporzionata, ma non per gli ideali da difendere, si deduce: «Abbiamo ancora a che fare con un sistema repressivo e, quindi, bisogna ancora lottare molto».
E ieri il movimento No Tav lo ha fatto, in maniera splendida e pacifica — come purtroppo non sempre è successo, causa l’infiltrazione di gruppi violenti — tanto che il numero e lo spiegamento di polizia e carabinieri appariva sproporzionato. Con il senno di poi, s’intende. Lo stesso è sembrata la chiusura del palazzo di giustizia decisa, per
È stato un corteo pacifico quello dei No Tav ieri a Torino Un serpentone che si è disteso da piazza Statuto a piazza Castello.
In basso Alberto Perino, leader storico del movimento
precauzione, dal procuratore generale Francesco Saluzzo, pesantemente criticato, nei discorsi di piazza Castello, da uno dei leader No Tav, Alberto Perino: «Questa è strategia della tensione». Altro paragone fuori luogo, conoscendo, pur per sommi capi, la storia degli anni Settanta. Parla anche Nicoletta Dosio, attraverso una lettera, nella quale ringrazia tutti, per i telegrammi, i messaggi, i fuochi d’artificio davanti al carcere: «Segno che il Movimento No Tav non lascia solo nessuno». Ma bisogna continuare a lottare, dice: «Sappiamo che non c’è più tempo. Bisogna agire, qui e ora, per evitare la catastrofe ambientale, che la follia del capitale lascia dietro di sé». Morale: «La salvezza sta nel conflitto comune di noi oppressi, contro l’oppressore di sempre».
In corteo