Poggi: «I partiti sono decisivi, indichino la strada per unirci a Milano»
«Non possiamo vivere di Sardine e Fridays for Future Credo nell’area metropolitana unica, ma dobbiamo lavorarci»
❞ Non prendiamoci in giro: la politica ha un suo ruolo preciso. Smettiamola di buttare la palla nella tribuna della società civile». Anna Maria Poggi è professoressa di Diritto Pubblico all’università di Torino, aggiunge. «Per la nostra città immagino un futuro con Milano».
«Non prendiamoci in giro: la politica ha un suo ruolo preciso. Smettiamola di buttare la palla nella tribuna della società civile». Anna Maria Poggi è professoressa di Diritto Pubblico all’università di Torino, dove è stata vicerettora e presidente della facoltà di Scienze della Formazione. Oggi fa anche parte del Comitato di gestione della Compagnia di San Paolo e della Fondazione Torino Musei. «Per la nostra città immagino un futuro con Milano».
Partiti, società civile, come vede il loro rapporto in vista del 2021?
«Io non credo che i partiti non abbiano più un ruolo. Penso un’altra cosa: il vero problema è che oggi viviamo in un contesto post ideologico. Prima avevano un’identità precisa: basti pensare cosa ha significato la resistenza per i partiti della sinistra. Ora non riescono a capire i cambiamenti, gli scenari futuri. Ma tutti, anche quelli più consolidati».
La società civile può aiutare a riempire questo vuoto?
«No. Il dovere è dei partiti. Sono loro a dover interpretare il clima e quello che nella società cambia, i veri temi di oggi: ambiente, inclusione, giovani, donne».
E quindi?
«Quindi a un certo punto troveranno la propria strada. I mutamenti sono ciclici ed epocali, chi lo sa cosa nascerà».
Ma da qua al 2021?
«Difficile immaginare gli scenari. Anche perché non dipenderà tutto da Torino. Se si arriverà alla riduzione del numero dei parlamentari, ad esempio, lì ci sarà un altro mutamento fortissimo: avremo tutto un personale politico che chissà dove andrà, e ci sarà una rappresentanza davvero minima dei territori. Quindi chissà quale nuovo movimento salterà fuori».
Ma cosa serve a Torino?
«Non le personalità singole: abbiamo già visto che non risolvono i problemi. Servirebbe che un insieme di persone, con le loro differenze e sensibilità, si unissero per partorire delle idee nuove per la Città. Sa cosa vedo ora?».
Cosa?
«Poca voglia di mettersi in gioco. È colpa di tutti. Dei partiti, della società civile, del mondo economico e produttivo. È da tanto che a Torino non rinasce un contesto, un luogo che rimetta insieme le persone che possano ragionare sui temi per il futuro. Tanti di noi furono interpellati ad esempio già nell’epoca Chiamparino, e molti dissero di no: non siamo più la società civile generosa».
Come si possono convincere le persone a mettersi in gioco?
«Se hanno già un ruolo, l’unica cosa che può appassionarle è un grande progetto di sviluppo. Il problema maggiore di Torino è che si sta svuotando, i giovani se ne vanno. È da qua che bisogna avviare una riflessione seria sul futuro, un percorso che parta da una idea forte attorno cui aggregare varie personalità. Il nome, verrà dopo. O al massimo un nome che si alzi in piedi e dica “questa è la mia grande idea”».
E la sua grande idea qual è?
«Torino dovrebbe davvero diventare un’unica città metropolitana con Milano, le infrastrutture principali già ci sono. Il capoluogo lombardo ha bisogno di espandersi per non implodere, noi di agganciarci il più possibile all’altra parte del Nord che ci sta lasciando indietro. Iniziamo addirittura ad avere dei problemi sui rendimenti scolastici, problemi mai avuti. Io penso che sia l’unica possibilità. Però bisogna iniziare a lavorare su settori diversi, dal Parco della Salute alla formazione universitaria. Se no Torino sarà solo sempre più vecchia».
❞ La sinergia Il capoluogo lombardo ha bisogno di espandersi per non implodere, noi di agganciarci all’altra parte del Nord che ci sta lasciando indietro
Vede una Città in declino?
«Diciamo che mi chiedo perché una grande azienda, oggi, dovrebbe venire a investire qui. Ecco perché abbiamo bisogno di far parte di un complesso più ampio e più vasto».
In questo contesto, che ruolo hanno le fondazioni?
«Importante, perché hanno una serie di caratteristiche: risorse e relazioni. Ma anche le fondazioni più “del loro” non riescono a fare ed è anche giusto che non lo facciano. Ecco perché ribadisco il pensiero iniziale: la politica si deve riprendere completamente il suo spazio e il suo ruolo, perché è giusto che abbia la responsabilità del governo delle cose».
Vede qualcuno in grado di farlo, a Torino?
«Vedo una leva giovane da Pd a Lega a M5S, che andrebbe studiata e stimolata un po’ di più. E forse tutti dovremmo dare un po’ di più una mano, invece che criticare e puntare sempre il dito contro i partiti. Non possiamo vivere di sardine e Fridays For Future. Ognuno deve fare il suo: università, fondazioni, e partiti. E dobbiamo smetterla di buttare la palla nella tribuna della società civile». Quindi, lei non si candiderebbe?
«No, non è il mio mestiere: a ognuno il suo».
❞ Il suggerimento Torino non ha bisogno di personalità singole: abbiamo già visto che non risolvono i problemi Servirebbe un insieme di persone con idee