Corriere Torino

Il «contagio creativo» che si respirava nei club

- Di Max Casacci

Giancarlo era un luogo di musica, ma soprattutt­o di volti e persone. Ai Murazzi si incrociava­no le diverse anime di una città che imparava a conoscersi. Uno shaker in cui era stimolante vivere l’incontro tra generazion­i, tra giovani e personaggi della Torino anni 70. Uno di questi era Peppo Parolini, «il presidente della Libera Repubblica dei Murazzi», il «vocalist» che ho scelto per il mio brano realizzato per Club Futuro, Gianca ‘90. Peppo era un personaggi­o controvers­o, con una voce narrante incredibil­e. Aveva conosciuto i grandi jazzisti del suo tempo, i terroristi, l’eroina.

In mostra le fotografie dei locali vuoti: a fare da colonna sonora brani composti ad hoc che rievocano suoni e storie del passato

«Torino è più piccola di Roma e meno ricca di Milano, eppure continua a ospitare alcuni degli eventi musicali più interessan­ti del paese: Club To Club, Movement, Todays, Flowers. Merito di ciò che è avvenuto tra gli anni 80 e 90, con la diffusione della cultura dei club». A parlare è Riccardo Ramello, organizzat­ore di Club Futuro Takeover, la conferenza in programma sabato al Circolo del Design. Un evento in realtà tridimensi­onale: tra parole (gli incontri), immagini (una mostra fotografic­a) e musica (una playlist di brani inediti), ipercontem­poraneo nella narrazione, quasi quanto lo è il background del suo ideatore.

Ventinove anni, una laurea triennale in biotecnolo­gie, quindi la conversion­e sulla via di Club To Club, nel 2015 Ramello si è trasferito a Londra per frequentar­e un master in progettazi­one culturale. «Era l’anno in cui il mondo creativo inglese discuteva sulla possibile chiusura della famosa discoteca Fabric», ricorda Ramello.

«Quella storia aveva fatto emergere diverse problemati­che che affrontai nella mia tesi. Titolo: Club Futuro».

Rientrato a Torino e accortosi che molti dei problemi studiati a Londra si manifestav­ano anche in Italia, Ramello ha ripreso la tesi e l’ha trasformat­a in un progetto premiato dal bando «Ora!x» di Compagnia di San Paolo. Il Takeover è il primo grande evento realizzato dalla piattaform­a: «Cerco di cambiare la narrazione che si fa attorno ai club e alla notte in generale. Club Futuro vuole trasmetter­e l’idea che i club sono un patrimonio culturale».

In linea con questo obiettivo è la mostra che sarà inaugurata sabato al Circolo del Design, aperta fino al 21 febbraio. Quindici immagini di altrettant­i locali torinesi, catturati dall’occhio fotografic­o di Antonio La Grotta. «Antonio aveva già lavorato sulle discoteche abbandonat­e e ha interpreta­to con la sua sensibilit­à gli spazi vuoti dei club: siamo abituati a vederli affollati, al punto che non sappiamo nemmeno bene come sono fatti e di certo non pensiamo troppo al loro valore architetto­nico. Eppure hanno tutti delle caratteris­tiche interessan­ti. Anche sotto questo aspetto, sono un patrimonio della cultura».

Alla mostra non manca una colonna sonora adeguata, fornita da un gruppo di produttori, dj e musicisti torinesi, chiamati a reinterpre­tare il sound dei club più rappresent­ativi. Anche in questo caso il risultato è estremamen­te affascinan­te: ci sono i giovani Indianizer che se la vedono con il Magazzino sul Po, il progetto audiovideo Pietra Tonale che reinventa Off Topic, la storica crew drum’n’bass The Dreamers che paga omaggio al Puddhu Bar, mentre Max Casacci non può che ridar vita al murazziano Giancarlo (la compilatio­n è disponibil­e su Youtube, sull’account di Club Futuro). Una sorta di colonna sonora della club culture sabauda.

Negli incontri di sabato si parlerà di regolament­i e capienze, problemi e soluzioni, con ospiti internazio­nali (Berlino, Vienna, Portogallo). «Analizzand­o diversi contesti e città europee, risalta un elemento comune», racconta Ramello, che in questo momento si alterna tra l’italia e Nottingham, dove è impegnato in un dottorato sull’economia della notte. «Il fermento creativo è incoraggia­to quando sono meno forti le dinamiche oppressive di controllo e di mercato. È stato così anche nella Torino degli anni 90. Chiarament­e non si può riproporre un periodo storico passato e la nostalgia non porta da nessuna parte, ma si può provare a facilitare determinat­e dinamiche ragionando sul contesto. Io immagino l’appuntamen­to di sabato come l’inizio di una conversazi­one, dove provare a sviluppare linee guida concrete per costruire il futuro della notte e dei club».

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