L’università testa la caccia ai cyberbulli
In 48 scuole Picchio: «Bene, ma non basta»
L’università di Torino va a caccia dei cyberbulli in 48 scuole del Piemonte, per un totale di 56 classi e 1.120 studenti di terza media, quarta superiore e del terzo anno di formazione professionale, a cui verrà sottoposto un questionario per provare a scattare la prima fotografia del fenomeno in Piemonte. Il progetto è coordinato dal Corecom, il Comitato regionale per le comunicazioni. «In una seconda fase ci interfacceremo con i ragazzi per cercare di capire come percepiscono i possibili rischi dentro e fuori la rete». Lo racconta Elena Ferrara. Oggi consulente a titolo gratuito dell’ufficio scolastico regionale, ex senatrice, ha promosso la legge nazionale contro il cyberbullismo.
L’Università di Torino va a caccia dei cyberbulli. Lo fa in 48 scuole del Piemonte, per un totale di 56 classi e 1.120 studenti di terza media, quarta superiore e del terzo anno di formazione professionale, a cui verrà sottoposto un questionario, per provare a scattare la prima vera fotografia del fenomeno in Piemonte. Il progetto è coordinato dal Corecom, il Comitato regionale per le comunicazioni.
«In una seconda fase ci interfacceremo con i ragazzi, attraverso focus group, per cercare di capire come percepiscono i possibili rischi dentro e fuori la rete». Lo racconta
Elena Ferrara. Oggi consulente a titolo gratuito dell’ufficio scolastico regionale, ex senatrice, ha promosso la legge nazionale contro il cyberbullismo. Tema non casuale. Ferrara è novarese ed è stata insegnante di musica di Carolina Picchio, suicida nel 2013 a 14 anni dopo gli insulti ricevuti in rete per un video in cui non era in sé.
Eppure, a sette anni da allora, ancora non si sa esattamente quanto siano diffuse queste pratiche di vessazione. Senz’altro sempre di più. Una ricerca Istat del 2014 diceva che il 20% degli alunni delle superiori in Piemonte era stato offeso su internet e social network.
«Lo studio — spiega la coordinatrice Anna Rosa Favretto — vuole raccontare il fenomeno in modo omogeneo, tenendo conto di età, sesso, contesto in cui vivono i ragazzi che, per la prima volta, saranno posti al centro. Li interrogheremo». Il progetto rientra nel nuovo protocollo di intesa tra il Corecom di Alessandro De Cillis, Ufficio scolastico, Regione, Università di Torino e del Piemonte Orientale, Garante per l’infanzia e Procura per prevenire e contrastare il cyberbullismo. Un atto che segue l’approvazione, avvenuta nel gennaio 2018, della legge regionale sul tema. Da allora gli studenti di prima media di 100 scuole piemontesi hanno conseguito il Patentino di smartphone. Una tessera rosa, simile alla patente di guida, che attesta l’uso consapevole dei social network e del web, per contrastare il cyberbullismo. Per ottenerlo hanno seguito un corso, tenuto da insegnanti formati e hanno sostenuto un esame. Grande partecipazione a Torino, a Cuneo
e nel Vco.
Nel 2020 la Regione vuole diffondere ancor più l’iniziativa, sostenuta dal consigliere Pd Domenico Rossi, primo firmatario della legge di due anni fa, e che ora il nuovo assessore all’istruzione, Elena Chiorino (Fdi), intende portare avanti. «Sarebbe importante — commenta Rossi — che la Regione promuovesse, anche in collaborazione con altri enti, un modello regionale per il percorso formativo e per la certificazione. Credo che, su questo tema, il Piemonte possa candidarsi a regione modello per tutta Italia».
Anna Rosa Favretto «Lo studio vuole tenere conto di età, sesso e contesto in cui vivono i ragazzi»