Corriere Torino

«Un incontro non basta I ragazzi vanno seguiti a scuola ogni giorno»

Parla il papà di Carolina Picchio, vittima della rete

- di Lorenza Castagneri

«Del cyberbulli­smo? Oggi se ne parla di più ma anche i pericoli sono cresciuti: i bambini cominciano ad avere lo smartphone a 7 anni e i genitori non danno regole. Allucinant­e», si sfoga Paolo Picchio. È il papà di Carolina, tradita dagli amici di sempre che misero in rete un video in cui si prendevano gioco di lei, ubriaca e indifesa. Fotogrammi da migliaia di commenti. E un giorno Carolina non ce l’ha fatta più. Se n’è andata dopo aver lasciato un messaggio che suo padre ripete a ogni conferenza, alle migliaia di giovani che incontra attraverso la onlus Carolina: «Le parole fanno più male delle botte».

Paolo, lei crede che alla fine le parole degli adulti abbiano effetto sui ragazzi? Queste iniziative possono avere un riscontro?

«Noi ci siamo resi conto che gli interventi spot, il classico convegno per intenderci, ha scarsissim­i risultati. Occorrono progetti continuati­vi, tenuti da esperti veri e non improvvisa­ti, che coinvolgan­o i ragazzi. Noi, ad esempio, usiamo i giochi per testare la conoscenza delle app, dei social. Abbiamo anche iniziato a lavorare con i grandi stakeholde­r del web».

E che cosa notate?

«Gli adolescent­i sono molto svegli, ma anche ingenui. Non si rendono conto dei rischi di condivider­e informazio­ni e immagini online. Tre ragazzini su quattro hanno accesso giornalier­o a Youporn e crescono con l’idea della donna-oggetto. Le vittime del sexting hanno 12 anni».

Le capita sovente che qualche ragazzo si confidi con lei?

«Spessissim­o. Ricordo una ragazzina che aveva mandato immagini osè a un fidanzatin­o e che, dopo avermi ascoltato, temeva che un giorno potesse divulgarle, ma non osava dirlo alla madre. Si passa da una totale mancanza di vergogna a un incredibil­e senso di colpa».

E poi?

«La mamma ha capito e anche il fidanzatin­o. Si è reso conto che, anche se una foto intima resta all’interno della coppia, non è più del tutto privata. Perché la affidiamo a un gestore, a un server e nessuno sa che cosa potrà succedere domani».

E qualche bullo pentito lo ha incontrato?

«Capitano anche quelli. Mi dicono: “Grazie a lei ho capito di aver fatto una stupidata”. Nella nostra società manca molto l’empatia, la capacità di mettersi nei panni dell’altro: dovrebbero insegnarla già all’asilo nido dato che i genitori sono assenti: facciamo formazione anche a loro».

I cinque ragazzi andati a processo per la morte di sua figlia le hanno mai chiesto scusa?

«Uno soltanto, durante un’udienza».

E oggi pensa che la legge Ferrara abbia avuto effetto?

«È stata importante perché adesso di cyberbulli­smo si parla. I ragazzi si stavano massacrand­o e nessuno diceva nulla».

Ma la procuratri­ce del Tribunale per i minori di Torino, Emma Avezzù, ha detto che talvolta le scuole tendono a minimizzar­e il cyberbulli­smo. Secondo lei è ancora così?

«Le scuole sono attente, però in qualche caso i dirigenti scolastici cercano di nascondere gli episodi per il buon nome della scuola. È un problema perché se omettono il controllo si espongono a responsabi­lità anche penali».

Oggi com’è la vita senza sua figlia?

«Carolina era la gioia della mia vita. Ho altri figli, ma lei era la piccola di casa, dopo la separazion­e da sua madre viveva con me».

E adesso lei gira l’italia.

«La prossima settimana ho già quattro incontri, l’anno scorso ho visto 30mila giovani, è molto impegnativ­o. Ma non voglio che altri genitori vivano quello che ho vissuto io. Non ci devono essere altre Caroline».

Tre ragazzini su quattro hanno accesso giornalier­o a Youporn e crescono con l’idea della donna-oggetto Oggi manca l’empatia, la capacità di mettersi nei panni dell’altro: dovrebbero insegnarla già all’asilo nido

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Carolina Picchio morì suicida, a 14 anni, nel gennaio del 2013 dopo che venne diffuso in Rete un video
Teenager Carolina Picchio morì suicida, a 14 anni, nel gennaio del 2013 dopo che venne diffuso in Rete un video

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