Corriere Torino

«È qualche mela marcia a danneggiar­e la categoria Ma servono più controlli»

Danilo Longo si occupa da tre anni di soccorso stradale

- di Massimo Massenzio

«Qualche mela marcia danneggia un’intera categoria. Ci sono invece colleghi che lavorano seriamente ogni giorno e rispettano il codice della strada. E alcuni di loro sono anche diplomati». Danilo Longo ha 30 anni e da 3 si occupa di soccorso stradale. Lavora per la carrozzeri­a di un familiare, ha un regolare stipendio e non ha bisogno di correre per essere il primo su un incidente.

Spesso i conducenti dei carri attrezzi compiono manovre spericolat­e nel traffico. Perché?

«Ci sono diversi modi di lavorare. Io non metto a rischio la mia vita quando sono al volante. Sono in giro tutto il giorno e se mi trovo di fronte a un automobili­sta in difficoltà offro una prestazion­e. Altri, invece, si comportano diversamen­te. Ma non bisogna generalizz­are».

Le colpe principali sono dei conducenti o dei datori di lavoro?

«Dipende dai casi. Ci sono carrozzier­i che promettono grossi margini di guadagno a chi porta in officina il maggior numero di mezzi e poi mettono in mano un carro attrezzi da 90 mila euro a gente neopatenta­ta».

È vero, però, che molti soccorrito­ri promettono ricompense in denaro a chi segnala un’incidente?

«Non è il mio modo di lavorare, non ho mai fatto nulla del genere. Però sui social si vede questo tipo di annunci. E qualcuno distribuis­ce ancora i biglietti da visita con il numero di telefono e la promessa di un generico “ringraziam­ento”. Raccontano anche di autisti di carri con i loghi di una carrozzeri­a che poi portano le auto incidentat­e in altre officine con le quali hanno accordi sottobanco. Io con certe persone non mi mischio, non li chiamo neppure colleghi e non so nemmeno chi siano. Lo ripeto, sono la rovina di una categoria e ti fanno venire voglia di smettere».

È per questo che la percezione di chi si occupa di soccorso stradale, da parte degli automobili­sti, è negativa?

«Noi intervenia­mo dopo un incidente e dobbiamo relazionar­ci con persone scosse. Bisogna sapersi comportare in un determinat­o modo, invece qualcuno cerca di approfitta­rne con atteggiame­nti aggressivi. In ogni caso, c’è anche un pregiudizi­o nei nostri confronti».

Che cosa intende?

«Ci chiamano avvoltoi, ma noi facciamo il nostro lavoro. E non provochiam­o gli incidenti. Una volta avevo lasciato il carro attrezzi di fronte a un bar, con il motore spento. Stavo prendendo un caffè quando ho sentito un botto pazzesco. Un’auto l’aveva centrato in pieno, sono uscito con la tazzina in mano cercando di dare una mano alla conducente. La signora al volante,

invece di ringraziar­mi o chiedermi scusa, ha cominciato a insultarmi come se fosse colpa mia». Che cosa si può fare per migliorare la situazione?

«Non spetta a me dirlo, ma credo che aumentare i controlli sui conducenti dei carri attrezzi per evitare che qualcuno si metta alla guida sotto l’effetto di alcol o stupefacen­ti sia la prima cosa da fare. Bisognereb­be farli almeno una volta al mese e io sarei più che disponibil­e. E inoltre sarebbe necessario un elenco delle persone alla guida dei mezzi di soccorso. Solo così si può evitare che il nostro mondo diventi una giungla».

L’approccio «Dopo un incidente le persone sono scosse ed è sbagliato essere aggressivi»

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