Corriere Torino

«Nabucco? Un sentimenta­le»

Il baritono Meoni interpreta da stasera al Teatro Regio l’opera di Verdi «La sfida è scavare nei personaggi, tirare fuori amore, odio e violenza»

- Paolo Morelli

«Questo Nabucco? Si pone molte domande». A parlare è proprio il re «in persona», il baritono Giovanni Meoni che questa sera alle 20, al Teatro Regio, sarà in scena con il Nabucco di Giuseppe Verdi, per la regia di Andrea Cigni. Nell’opera, prodotta grazie al contributo di Reale Mutua, l’artista si alternerà con Leo Nucci e Damiano Salerno, nel corso di dieci rappresent­azioni fino al 22 febbraio. Non è la prima volta che Meoni interpreta quest’opera, alla quale ha già lavorato con lo stesso regista, ma per una versione più tradiziona­le.

«Qui i personaggi non rimangono superficia­li — racconta Meoni — e si cerca di tirar fuori i sentimenti più umani: l’amore, l’odio, la violenza verso i più deboli». Un Nabucco che ha posto una sfida anche agli interpreti. «Il regista — aggiunge il baritono — è molto esigente, cerca di scavare, vedere il pensiero, la psicologia, le relazioni con gli altri personaggi. È un lavoro molto interessan­te e non comune».

Ma chi è questo Nabucco? Un personaggi­o tormentato, umanizzato, che prende coscienza dei propri fallimenti come padre e uomo. «Nei confronti della figlia legittima, Fenena, ha un rapporto di affetto e questo traspare nel corso dell’opera — aggiunge Meoni —. Nell’ultimo atto, quando la vede portata a morte

si dispera, cerca di aprire le porte del carcere e non gli rimane che pregare. Con Abigaille ha un contrasto, lei per tutta l’opera cerca l’amore del padre, che in qualche modo non la accetta».

Meoni è quasi una presenza fissa al Teatro Regio negli ultimi anni, qui ha debuttato nel 1994 ed è tornato diverse volte, a parte una lunga assenza di circa 14 anni. Lo scorso anno era qui per la Traviata degli specchi, spettacolo che, dice, «è rimasto nella storia» per il suo allestimen­to, dove «gli attori stessi erano parte della scenografi­a».

Una attenzione all’innovazion­e, frutto di un grande studio, che si riscontra anche nel Nabucco, così come nelle recenti opere portate al Regio da Pier Luigi Pizzi. Oggi, rileva il baritono, «si tende ad approfondi­re le radici del compositor­e, per cercare di pulire e togliere le incrostazi­oni che si sono sedimentat­e anche sulle partiture, facendo risaltare la parte intima dei personaggi». Aspetto che, sottolinea, «in Verdi senz’altro c’era, era tutto pensato dalla prima all’ultima nota».

Nel lavoro su testi e partiture, tuttavia, il ruolo dell’interprete non va sottovalut­ato. «Personalme­nte — rivela Meoni — se non mi trovo a mio agio nei costumi mi sembra quasi di non cantare bene. Il nostro canto è basato anche sulla posizione di appoggio. Ricordo che, anni fa, lavorai con Franco Zeffirelli. Fui colpito perché mi chiese se dalla mia posizione vedessi bene il Maestro, altrimenti mi avrebbe spostato, lui stesso si era messo come in secondo piano. Ecco, la musica viene sempre prima».

Nuovo allestimen­to La regia dello spettacolo che andrà in scena per dieci recite è di Andrea Cigni

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Sul palco Giovanni Meoni si alternerà con Leo Nucci e Damiano Salerno.

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