Corriere Torino

I 1500 tumori causati dal lavoro che però non valgono l’invalidità

L’ordine dei medici ha elaborato un dossier: così non si riesce a fare neppure prevenzion­e

- Lorenza Castagneri

Ogni anno circa 1.500 piemontesi si ammalano di tumore a causa del lavoro che hanno svolto durante la propria vita. Ma questa correlazio­ne spesso non viene individuat­a in via ufficiale, con gravi conseguenz­e per tutti: non riconoscer­e il legame tra certi tipi di cancro e il lavoro significa non tutelare né chi si è ammalato, che non può ambire ad alcun risarcimen­to del danno, né gli altri lavoratori perché nelle aziende si continua a non fare prevenzion­e.

Il problema vero è che tutto ciò accade molto spesso. Si stima, infatti, che appena il 10 per cento dei tumori attribuibi­li a fattori di rischio occupazion­ali venga effettivam­ente riconosciu­to. È il caso, in particolar­e, dei tumori al polmone o alla vescica di cui ogni anno in Piemonte si hanno 600 nuove diagnosi.

Se n’è accorto l’ordine dei medici di Torino che, attraverso la sua commission­e Salute e sicurezza ambienti di lavoro e di vita, ha elaborato un dossier sui tumori occupazion­ali «a bassa frazione attribuibi­le». E adesso l’ente vuole alzare il velo dal problema.

«Occorre più attenzione da parte dei medici di famiglia e degli oncologi che, solo raramente, chiedono al loro paziente che lavoro ha fatto nella vita perché prima, giustament­e, pensano a salvargli la vita», osservano Riccardo Falcetta e Andrea Dotti, medici del lavoro e, rispettiva­mente, ex e attuale referente della commission­e dell’ordine.

Punto di partenza: il 4-5 per cento dei tumori maligni è attribuibi­le a fattori legati al lavoro, ma esistono differenze rilevanti a seconda dei casi. Se, per esempio, il mesoteliom­a pleurico è ampiamente riconosciu­to come lavoro correlato, per tumori al polmone o alla vescica, il legame con l’attività lavorativa è spesso sottostima­to.

Va detto che oggi i contesti lavorativi sono meno a rischio

del passato. Una volta, le raffinerie di Torino e provincia erano trenta, adesso si contano sulle dita di una mano, lo stesso vale per gli stabilimen­ti di pneumatici. Per citare due dei contesti più rischiosi per i lavoratori. E si deve tener conto anche che le misure di sicurezza sono diventate più stringenti. Però i pericoli esistono anche nel 2020, come racconta Angelo D’errico, epidemiolo­go occupazion­ale della Asl To3: «Pensiamo ai danni che possono causare cromo e nichel, saldature, verniciatu­re e, ancora, la formaldeid­e, che in sanità è ancora molto utilizzata per la conservazi­one di materiale biologico e le polveri di legno».

Cominciare ad avere più attenzione al legame tra salute e tumori, dunque, resta fondamenta­le. Altri due dati: su 381 tumori al polmone attribuibi­li alla profession­e, nel 2012 soltanto 21 sono stati riconosciu­ti come tali dall’inail, per quanto riguarda la vescica il confronto è 148 contro 26. Tradotto: il riconoscim­ento oscilla, rispettiva­mente, tra il 5-10 per cento e fra il 10-15.

I più frequenti

Al polmone e alla vescica: sono patologie la cui correlazio­ne è più difficile

Norme inapplicat­e

Quelle che istituisco­no il registro delle malattie profession­ali sono ferme

Dunque la strada da compiere è lunga. «In Emilia si formavano i colleghi dei reparti a più alta incidenza di tumori lavoro correlati perché svolgesser­o tutti gli adempiment­i. In Piemonte questo va potenziato», sottolinea il professor Enrico Bergamasch­i, ordinario di Medicina del lavoro dell’università di Torino. E Falcetta ricorda che da dodici anni in Italia esiste una legge che istituisce il registro delle malattie profession­ali, al di là del mesoteliom­a. Ma finora è stata inapplicat­a.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy