«Pronto a restare Il futuro è negli eventi»
Parla Umberto Levra presidente del Museo del Risorgimento: «Unico limite? La fatica»
«Siamo in attesa delle designazioni dei tre enti che compongono il museo. Nel frattempo? Siamo in prorogatio». Umberto Levra è il presidente del Museo del Risorgimento, originario di Mathi, classe 1945, è anche uno dei più importanti storici italiani in materia risorgimentale, ma il suo mandato al vertice del museo torinese è scaduto il 10 febbraio. Con lui, che tra i vari mandati ricoperti è in carica dal 2004, ha terminato il proprio incarico tutto il consiglio.
Il nome di Umberto Levra era stato indicato dall’istituto per la storia del risorgimento italiano di Roma, che insieme alla Città di Torino e alla Regione Piemonte indica i cinque consiglieri effettivi (due da Roma, due dal Comune di Torino e uno che sarà scelto da Alberto Cirio). A questi se ne possono aggiungere fino a quattro, cooptati dal consiglio stesso. «Nel frattempo il museo è cresciuto — racconta Levra —, soprattutto negli ultimi tre anni». Una crescita che ha avuto un’impennata, fino a portare l’ente a richiamare fra i 150 e i 160 mila visitatori all’anno, dopo il rifacimento del 2011, per il 150esimo dell’unità d’italia. Il tutto gestito da dieci dipendenti, direttore incluso, che fanno miracoli». «I visitatori — aggiunge il presidente — sono per il 25% stranieri, inoltre abbiamo un 40% che arriva dalle classi di studenti di tutta Italia. In effetti, il museo è in contatto con 22 mila classi in tutto il Paese». Insomma, un ruolo educativo che si è consolidato nel tempo e che viene sottolineato, fa notare Levra, anche dalle collaborazioni, come quella con la Fondazione Bersezio (sostenuta da Compagnia di San Paolo) che si è rafforzata proprio sul piano della didattica. «Il Museo conta su una buona parte di autofinanziamento che copre poco più della metà del budget — rivela Levra — che ammonta a circa 1,2 milioni di euro all’anno. Gli introiti arrivano da biglietti ed eventi privati, anzi, da questi ultimi, lo scorso anno, sono arrivati 200 mila euro».
Ed è questa, secondo l’attuale presidente, la strada che il museo dovrebbe percorrere in futuro, investendo nell’affitto di spazi e nella promozione di appuntamenti. «Magari — aggiunge — si possono cercare altri sostenitori». Anche perché, come conferma Levra, se da una parte i contributi statali sono puntuali, quelli regionali sono spesso in ritardo, situazione comune a diversi enti, così come la generale contrazione dei fondi pubblici in materia culturale. Storia nota, insomma. Il futuro, però, è tutto da scrivere, perché finché non ci saranno le nuove nomine (intanto la Città di Torino ha già aperto i bandi per trovare i suoi due membri) non si potrà programmare nulla. Levra, però, si mostra disponibile a restare. «L’unico limite — scherza — è dovuto alla fatica». Ma aggiunge che «di certo non mi tirerei indietro se qualche ente vorrà designarmi per un altro mandato». Il prossimo consiglio, intanto, dovrà occuparsi subito della ricerca di un direttore, perché l’attuale, Ferruccio Martinotti, scadrà a luglio. L’altra prospettiva è quella del riallestimento, perché il museo ha 55.000 oggetti in deposito, di cui soltanto 2.600 esposti nei 10 mila metri quadrati di spazi al momento a disposizione. Senza dimenticare la biblioteca, «la più importante al mondo in materia di storia risorgimentale», che conserva anche le serie di 4000 testate giornalistiche dell’ottocento, di cui molte rarissime. «Palazzo Carignano, ad esempio, ha molti spazi inutilizzati — spiega Levra — che però sono gestiti dal Polo Museale del Piemonte. Dovremmo trovare con loro un modo per avere a disposizione altri luoghi, oppure cercare altrove, ma non sarebbe una cosa comoda per i visitatori».