Stratta: «No ai teatri sempre aperti»
Quale futuro aspetta il mondo della cultura e del teatro dopo la pandemia? Intellettuali, artisti, registi e uomini di spettacolo si confrontano sul Corriere
Se davvero anche nel campo culturale entreremo in un mondo in cui «nulla sarà più come prima», questa è l’occasione per liberarsi di un fraintendimento che ha inquinato il dibattito sul tema a Torino negli ultimi quindici anni. In poche parole: piantiamola di collegare cultura e arte al turismo, come se la funzione di un autore, un musicista, un regista, un pittore fosse quella di portare forestieri a consumare pasti, occupare camere d’albergo, degustare pasticceria di tradizione locale, comprare souvenir. Quella che nei documenti politici è chiamata «valorizzazione del territorio» e che viene legata, con giri di parole ipocritamente tecniche, all’idea che le istituzioni pubbliche dovrebbero favorire, tra chi crea, quelli che producono «ricadute» economiche in Piemonte. Una logica condivisa da amministrazioni di destra e sinistra, che hanno sempre accorpato le due deleghe: fino a che l’attuale giunta regionale ha chiarito definitivamente le cose inventandosi un assessorato che tiene insieme cultura e commercio…. Non sono un ingenuo. Capisco benissimo che esiste un rapporto oggettivo tra «appeal» di un luogo e la sua vita culturale: basta pensare ai musei. E, se permettete la citazione personale, sono cosciente e (anche orgoglioso) che un film come «Dopo mezzanotte», visto in tutto il mondo, abbia contribuito a portare a Torino migliaia di visitatori. Ma il punto è un altro. Io sto parlando del rapporto tra gli artisti di una città e i loro concittadini, tanto più fondamentale in un momento come questo, in cui gli intellettuali dovrebbero dare parola allo smarrimento di tutti. E, per essere più realista del re, voglio anche fare l’avvocato del diavolo rispetto alla magnifica utopia sui teatri proposta da Gabriele Vacis, un regista che ammiro sinceramente: e cioè, usarli come contenitori sempre aperti al pubblico, sostanzialmente svincolati dalla messa in scena di un’opera finita. Con Vacis, da collega, condivido anch’io la sensazione che le cose più interessanti, nel processo creativo, nascano durante la lavorazione. Anch’io amo il set e il montaggio più delle proiezioni del film finito. Ma mi chiedo anche se sarebbe possibile, in un processo del genere, chiedere in onestà a chiunque di pagare un biglietto. In cambio di cosa, esattamente, caro Gabriele? Del suo appello condivido una cosa più importante: la necessità di ritrovare un rapporto vero tra artisti locali e pubblico residente. L’idea che stai lavorando per una comunità riconoscibile, fisica; e non per l’invisibilità di uno streaming. Ieri da queste colonne Paolo Verri, da geniale operatore culturale qual è, citava due esempi storici di politica culturale degli anni settanta: le stagioni di Massenzio a Roma e i Punti Verdi di Torino. Infatti, il cuore di quei progetti non era fare della cultura un catalizzatore per visitatori stranieri, ma un mezzo di miglioramento intellettuale per i cittadini. E’ questo il primo passo per costruire una comunità che in modo pressoché naturale diventa attrattiva anche per chi la vede da fuori, un po’ come successe per i dieci anni della Torino «olimpica» all’inizio del secolo. Certo, i tempi sono cambiati. La nuova amministrazione comunale si era insediata con una narrazione che opponeva le file fuori dai musei alle file fuori dalle mense della Caritas: non per sua colpa diretta, finirà il mandato con le file fuori dal banco dei pegni. Se deve esistere un nuovo patto per il dopo-epidemia, sia basato sulla capacità di testimoniare, reagire e riscattare questa crisi, in totale libertà creativa. Detto brutalmente: si diano soldi pubblici al talento capace di raccontare lo spirito del tempo qui e ora, in forme nuove e non omologate. E lasciamo la promozione turistica a chi si occupa, legittimamente e con merito, di enogastronomia, voli charter e sistemazioni alberghiere.
Palcoscenici come contenitori sempre aperti? Una magnifica utopia di Gabriele Vacis