Così gli chef si terranno le stelle
Grandi chef e rinomati ristoranti anche stellati alla prova della Fase due. Tra delivery, take away, locali da ripensare: ecco le ricette in campo
Fase zero: serrande abbassate. Fase uno: alcuni chef si riorganizzano e partono con il servizio di delivery. Fase due (dal quattro maggio in Piemonte, da sabato scorso anche a Torino): via libera all’asporto che, però, tra le cucine di alta gastronomia sembra stia riscuotendo meno successo rispetto alla consegna a domicilio. Portare il cibo a casa, specie di persona e senza affidarsi a società esterne, non è solo un modo per ripagarsi qualche spesa. «Un’aspirina», sosteneva un paio di giorni fa ai microfoni di Casa Corriere Torino lo chef Del Cambio, Matteo Baronetto. E’ sopratutto, piuttosto, una strategia per far sentire ai clienti tutto l’affetto possibile, nonostante le sale chiuse da mesi. E mantenere un livello di servizio al pari di quello offerto tra le mura dei loro ristoranti.
«Abbiamo avviato l’asporto ma finora servito solo un cliente — racconta il tre stelle Michelin di Piazza Duomo ad Alba, Enrico Crippa — le persone si sono abituate a ricevere i piatti a casa: è più comodo e si sentono coccolati». Ancora chiusa, invece, la cucina de La Madernassa guidata da Michelangelo Mammoliti. Mentre è aperta, sia in delivery sia in asporto, quella dell’antica Corona Reale guidata da Gian Piero Vivalda; che lunedì scorso, insieme al take away, ha lanciato anche un nuovo menu: il fuoco di notte. «Siamo un piccolo comune e qui funziona più la consegna a domicilio che l’asporto – spiega lo chef – e gli abbiamo destinato un menu preparato nel nostro forno a legna; dove la brace cuoce lentamente il capretto di Roccaverano intenerendone le carni». Davide Palluda, gastronomo del ristorante stellato (e dell’osteria) All’enoteca di Canale è soddisfatto sia del delivery, sia dell’asporto. «Noi cuochi siamo iperattivi e non riusciamo a stare fermi — racconta il cuoco del Roero — oggi il mio è un menu semplificato, e sta andando benissimo. Adesso la gente ha voglia di uscire – continua – e sto studiando tipo di asporto che duri nel tempo e che manterrò fino a emergenza superata e per eventi speciali e festività». Obiettivo: sempre mantenere standard da stellati. Il nuovo modo di fare ristorazione piace pure a Walter Ferretto, del Cascinalenuovo, a Isola d’asti. Che ha una certezza: «sapendo riorganizzare la gastronomia può anche essere un business redditizio». Cascinalenuovo è partito con il delivery dai primi giorni di lockdown. «Prendiamo le ordinazioni dal lunedì al giovedì e poi consegniamo il menu, più semplice rispetto al gastronomico stellato — racconta Ferretto — e che tiene fino a una settimana». Disinfettante e guanti monouso alle mani, anche gli chef dell’alta cucina torinese non vogliono lasciar soli i propri clienti e stanno ripartendo con servizi di alto livello. Il primo è Del Cambio che, dal 9 maggio, con la formula Farmacia ha avviato anche il take away. Aperto per ordini da portare via anche La Taverna Del Re (dei fratelli Alciati). E lo stellato Casa Vicina. «Abbiamo deciso di riattivarci con queste formule perché, dopo due mesi di fermo, sentiamo il bisogno di riavvicinarci alla nostra clientela — spiega Claudio Vicina — partiamo solo ora perché abbiamo studiato il servizio in modo che rimanga nel tempo. Pensiamo che — conclude — nel breve e medio periodo rappresenti il futuro della ristorazione». Ancora serrate, invece, le cucine di Piano35 guidate da Marco Sacco al grattacielo Intesa San Paolo; quelle del Vintage 1977 in piazza Solferino e del Carignano in Via Carlo Alberto; quelle di Spazio7 in Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e quelle del Combal Zero a Rivoli. Fermo è anche Condividere (chef Federico Zanasi); che sta studiando una prossima ripartenza, in delivery. E Magorabin che, dalla prossima settimana, con l’offerta bistrot di Casa Mago avvia le «consegne a domicilio permanenti e strutturali nella nostra offerta complessiva». Dal 13 maggio anche il Cannavacciuolo bistrot di Torino arriverà a casa. Una ripartenza (domicilio e take away) decisa per «risollevare il morale delle persone attraverso il buon cibo — spiega Cinzia Primatesta, socia e moglie del cuoco di Vico Equense — con piatti della cucina mediterranea di Nicola, il nostro chef, che condivide ogni sua scelta con Antonino».
❞ Matteo Baronetto La strategia è far sentire ai clienti tutto l’affetto possibile, nonostante le sale chiuse