Corriere Torino

«La mia stella rossa dopo il viaggio in Europa da vero comunista»

Marco Grimaldi e i suoi tatuaggi: «Proprio vicino al cuore tre triangoli. Ce li ha anche Simona, la mia migliore amica»

- Di Francesca Angeleri

Aconquista­re la rossa primavera Marco Grimaldi non ci rinuncia mai. È un suo pensiero costante, la colonna sonora (musicale e intellettu­ale) della sua vita.

Un piccolo grande comunista da sempre e per sempre. Ecco perché in questi giorni di pandemica quarantena oltre alla politica e all’accudiment­o della figlia Lea di 6 mesi, ha deciso di far realizzare un ritratto del nonno partigiano, «aveva 14 anni quando diventò una staffetta. Si chiamava Gilberto. E suo fratello Vladimiro». Una stella rossa, raggiante e piena di colore e significat­o impressa sul braccio sinistro è il tatuaggio perfetto per un ragazzo che ha, nella fede politica e nei suoi simboli, la sua ragion d’essere.

La foto in cui la sfoggia portando nella fascia la sua bambina appena nata, riassume il suo passato e il suo presente da uomo contempora­neo, «Ho iniziato a tatuarmi che avevo 34 anni — racconta — non è mai stata una questiol’umanità». ne estetica per me, per questo non l’ho fatto prima. Anche se da più giovane ero pieno di piercing in faccia, li tolsi solo quando iniziai a girare per le scuole a parlare d’europa». Sul polpaccio destro ha segnate due barre, una rossa e una nera, che rappresent­ano l’entrata e l’uscita dalla foresta della Sierra Madre in Colombia: «In quel periodo la mia bibbia era “La foresta di alleanze” di Stefano Allovio. Mi stavo separando ed era un momento complicato. Quello è stato un viaggio fondamenta­le. Feci una banda alla partenza e una al ritorno ed entrambe rappresent­avano la svolta». Tutto è bene quel che finisce bene perché la separazion­e fu da oscar, «siamo rimasti in ottimi rapporti. Poi è arrivata Elena, la mia compagna, e dopo un po’ anche Lea».

Anche la stella rossa è nata a ridosso di un viaggio, un anno dopo la Colombia: «Fu un’altra estate importante, perché decisi di partire e andare a trovare tutti i miei amici in giro per l’europa. Pezzi del mio cuore sono sparsi tra Svezia, Svizzera, Spagna. Se ne sono andati via per opportunit­à di lavoro o amore. La stella rossa è chi sono e cosa sarò. Quando la guardo, penso che non potrà mai essere un simbolo di oppression­e ma che è grazie a quella stella che milioni di persone hanno lottato per la giustizia e Politica. Amore. Amicizia. L’ultimo caposaldo di Marco è fondamenta­le come i primi due. Il suo terzo tatuaggio è vicino al cuore, tre triangoli che si intersecan­o l’uno con l’altro e che rappresent­ano tre decadi di amicizia profonda e indissolub­ile, «Simona è la mia migliore amica dalle elementari — spiega — è la mia terza sorella. La amo tantissimo come amo le altre due che sono sangue del mio sangue. Noi però ci siamo scelti come compagni di viaggio tantissimi anni fa e sono stato proprio io a proporle di farci un tatuaggio uguale. E a regalargli­elo. Lei se l’è fatto dietro il collo. Sono due triangoli neri e uno rosso, ora che ci penso tutti i miei tatuaggi sono rosso neri».

Niente calcio, è una pura questione estetica e non c’entra il Milan: «Sono Juventino. In qualche campo bisogna pur vincere».

Tutti i miei tatuaggi sono rossi e neri ma il calcio non c’entra Sono juventino, in qualche campo bisogna pur vincere

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