«Non c’è alcun dubbio: una regina è per sempre»
La testarda Vittoria, l’iconica Elisabetta, l’irresistibile Diana e la promettente Kate Le donne d’inghilterra al centro dell’incontro con Caprarica alla Biblioteca Archimede
Nel mio ultimo libro mi concentro sulla figura dell’ex sovrana, appassionata e molto moderna Gli uomini? Carlo ha un valletto che gli stende il dentifricio e la mania dei cubetti tondi per il gin
«Elisabetta da 68 anni svolge questo lavoro con dignità, onore e senso del ruolo e della storia. Si può chiedere di più a un capo di Stato?». No. Ed è per questo che la voce pacata e solida della regina d’inghilterra, abilmente vestita, nel suo recente discorso alla nazione, dello stesso colore delle divise del personale medico inglese, è riuscita a confortare il mondo intero e non solo i sudditi del regno britannico. Nessuno può raccontare la Corona inglese e l’inghilterra tutta meglio di Antonio Caprarica, che ne vanta una conoscenza decennale che gli ha permesso di appassionare il pubblico e scrivere diversi romanzi. L’ultimo, La Regina Imperatrice, è dedicato alla regina Vittoria e lo presenterà domani alle 18 nello streaming Parole in tazza grande della Biblioteca Archimede di Settimo con Chiara Pacilli.
Qual è il segreto di sua maestà?
«Churchill, a proposito dell’unione Sovietica, disse: “È un rebus, avvolto in un enigma, a sua volta racchiuso in un indovinello”. Credo si possa riferire la medesima frase a sua maestà. Può essere stata più o meno popolare, ma il suo tasso di approvazione non è mai sceso sotto il 70 per cento, neppure sotto la crisi Diana. Oggi è un’icona, un plebiscito. Il primo segreto per un sovrano è la durata. Durare con dignità è ciò che si richiede alla monarchia da quando ha assunto il compito di leadership morale. Per questo regge di fronte alle disavventure umane e spesso meschine dei suoi discendenti. Di fronte ad amanti, divorzi, nipoti, Fergie, Meghan. La regina è per sempre. Anche se, data l’età, potrebbe cedere all’idea di attivare la legge di reggenza in favore di Carlo».
Dopo «The Crown», forse, più amato di quanto non fosse prima.
«Nessun uomo sulla faccia della terra se la sarebbe cavata a buon prezzo uscendo da un divorzio dalla donna più affascinante e sensuale del pianeta. È stato fedele tutta la vita a una donna che purtroppo non era sua moglie. Man mano che la memoria di Diana tendeva a stingersi, ancora prima di “The Crown”, veniva fuori la sua figura in modo autentico, con vizi e virtù. Certamente Carlo ha una vivace intelligenza e la corona non grava sul suo cervello. Ha un’idea eccessiva della sua posizione sociale: si narrano le 7 uova alla coque tra le quali sceglie al mattino la cottura migliore, il valletto che gli stende il dentifricio sullo spazzolino, la mania per i cubetti perfettamente tondi nel suo gin tonic. Le qualità sono ampie, come mostra la sua fondazione a sostegno dei giovani talentuosi con pochi soldi e tante idee».
Era davvero irresistibile Diana?
«Quando si sposò era una bella ragazzona goffa. Nella tempesta del matrimonio e del divorzio sbocciò, diventando una donna estremamente seducente. Di una bellezza non classica, con i tratti irregolari, una pelle luminosa, occhi magnetici e un corpo strabiliante con gambe lunghe come grattacieli. Cui si univa la straordinaria abilità di presentarsi con lo sguardo basso e umile della vittima: non c’era uomo che non si sentisse obbligato a correre in suo soccorso e farle da cavaliere. La sfilza degli amanti è nota, quando decideva di prendersi un uomo nessuno riusciva a dirle di no. Diventò un’icona planetaria e la morte ne ha fatto una divinità laica destinata a durare nel tempo. La incontrai nei suoi ultimi mesi di vita, non era difficile incrociarla a Londra, alle premiere al Victoria and Albert Museum, all’odeon».
La prossima regina?
«Sarà certamente Kate l’asse portante della squadra Windsor senza Elisabetta».
Il suo libro parla della regina Vittoria. È un personaggio altrettanto intrigante?
«Per molto tempo mi sono occupato della storia della dinastia, ho scritto libri e saggi imbattendomi anche in un suo fitto epistolario. Ho sentito la necessità del narratore. C’è una parte storica assolutamente fedele alla realtà e una parte psicologica di ricostruzione del personaggio che lo rende romanzesco. Moderna, appassionata, testarda, fu la meno vittoriana tra le donne cui ha dato il nome».
È un peccato che non sia a Torino a presentarlo.
«Amo l’eleganza di Torino. È molto british. Non credo affatto che educazione e gentilezza siano sinonimi di affettazione e ipocrisia. Da gran goloso, mi mancheranno il cioccolato e i marron glacé».