Corriere Torino

In pandemia meglio soli che male accompagna­ti

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Caro Guido, da diversi giorni mi chiedo se questa quarantena non mi stia in un qualche modo esortando ad abbandonar­mi alle mie debolezze. Mi spiego meglio, ti scrivo di lui. Lo conosco poche settimane prima della quarantena. Come ogni inizio che si rispetti, tutto procede nel migliore dei modi. C’è chimica, intesa fisica e mentale. C’è tutto quello che lascia pensare a un seguito, ma il seguito non c’è. Tutto finisce quando realizziam­o che non ci saremmo più visti. Non viviamo nella stessa città, le distanze geografich­e hanno vinto sulla chimica. Nel momento della chiusura lui si arrabbia e all’improvviso la sua reazione mi porta a ricordare altre persone del mio passato. In altre parole, ho pensato all’ennesimo stronzo che scappa non appena la situazione richieda un impegno più concreto. Una volta parlando di lui ho elencato innanzitut­to tutti i suoi difetti, dopodiché la mia amica mi ha chiesto: ma insomma, che cosa ti piaceva di lui? Mi faceva ridere, rispondo io. In un altro contesto ci avrei messo una pietra sopra e avrei tirato dritto, ma in questo momento a stare troppo da soli con i propri pensieri si finisce così, con troppi interrogat­ivi e minime certezze. Che cosa dovrei fare caro Guido? Invoco il tuo aiuto. Ragazza Interrogat­iva

Cara Ragazza Interrogat­iva, quando mi chiedono qual è la qualità che cerco in una donna, da sempre rispondo che cerco persone capaci di farmi ridere. In realtà la questione prescinde dall’ambito amoroso: amo in generale gli individui, maschi e femmine, che abbiano questa portentosa capacità. Dunque ti capisco. A mio parere è raro trovare qualcuno che sappia davvero farci ridere nella buona e nella cattiva sorte, e quando lo troviamo, è un ottimo motivo per tenercelo stretto. Nel tuo caso però, a quanto pare, non basta. Qualcuno tanto tempo fa disse che «quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare» e, a quanto pare, il «lui» in questione, che per comodità chiameremo Terenzio, non è in grado di giocare a questo gioco, che è inequivoca­bilmente piuttosto duro. L’intesa fisica e mentale a un certo punto non basta più e se Terenzio si è tirato indietro alle prime difficoltà è giusto fermarsi un attimo e valutare se sia o meno la persona giusta. Con questo non voglio dire che una pandemia mondiale, sommata alla distanza geografica non sia un problema difficile da superare, però ci son situazioni in cui è davvero meglio star soli che farsi male accompagna­re.

E in ogni caso, la solitudine finirà, magari non nella fase 2, ma — perdonami l’ottimismo — secondo me ci siamo vicini.

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