Corriere Torino

Casa dolce casa (Juve)

«Voglio una bolgia, gli avversari devono sapere cosa troveranno qui» disse Antonio Conte nel 2011 «Giocare qui dentro ci darà qualche punto in più» disse Nedved: storia dello Stadium e di 8 scudetti

- Di Massimilia­no Nerozzi @Maxnerozzi

Lasciate ogni speranza voi che entrate, potrebbero ormai scrivere sulla volta d’ingresso degli spogliatoi. Va da sé, per il nemico di turno che, il più delle volte, si perde e, appunto, perde. «Ogni maledetta domenica», ma per davvero. Più che un’arena, lo Juventus Stadium, oggi Allianz, minaccia le sofferenze di un girone dantesco: «Voglio una bolgia, gli avversari devono sapere cosa troveranno qui», quasi sbottò Antonio Conte nel settembre 2011, alla vigilia della prima ufficiale nella casa nuova di zecca, all’ora di pranzo, contro il Parma. La cronaca, che quel giorno raccontò di un 4-1 da fuochi d’artificio, divenne presto storia, con otto scudetti messi in fila. Il primo, poco più di otto anni fa, il 6 maggio 2012, con la vittoria sul Cagliari, residente a Trieste, per l’occasione. Una festa in trasferta che era stata però blindata dominando in casa. E che casa.

È davvero stato «il classico dodicesimo uomo in campo», come disse ancora Conte, che sempre incitava le tribù: «Spero che i tifosi non pensino di venire a teatro, ma voglio che facciano sentire il loro calore». Non sempre è stato così, e di più dopo le inchieste che hanna sbriciolat­o la curva sud, ma lo Stadium ha pesato lo stesso. Tanto. Una casa dolce casa, ma solo per anime bianconere. «Giocare qui dentro ci darà qualche punto in più», disse Pavel Nedved, facendoci una camminata dentro, poco prima della presentazi­one. Rammarican­dosi di non aver fatto in tempo a giocarci dentro. Stesso concetto sostenuto da Alex Del Piero — «ci darà una decina di punti» — che invece, dentro lo Stadium, si prenderà scudetto, il primo di questa nuova serie, e standing ovation, per un addio da Hollywood.

Per la Juve — squadra e società — è stata la prima pietra del successo. Se in giro per l’italia gli impianti sono il simbolo dell’ultimo stadio (del nostro calcio), qui è stato il primo stadio (del successo). Tribune inclinate sul campo, giammai la pista d’atletica, via anche le barriere, insomma, british style: nessuna dogana tra l’agonismo dei giocatori e l’emozione degli spettatori. Con museo e centro commercial­e dietro. Diventando presto uno spot, se una volta pure un tipo come André Schürrle, che pure ha giocato in salotti non male (Stamford Bridge, casa Chelsea), disse: «Vorrei giocare nello stadio della Juve, mi hanno detto che è meraviglio­so e che trasmette emozioni». Dopodiché, ci sono state anche brutte sconfitte (0-2 con il super Bayern di Heynckes) e disastri (0-3 con il Real di Ronaldo), ma ogni grande stadio ha i suoi flop: dal Maracanà all’olimpico.

Srotolate le cifre — 180 vittorie e 35 pareggi su 225 partite — l’allianz Stadium ha saputo soprattutt­o intrecciar­e grandi storie, come tutti gli album di famiglia che si rispettino. Dai primi missili del giovane Pogba ai gol rabbiosi di Tevez, dalla linguaccia di Del Piero ai lanci con gps di Pirlo. Fino ai numeri di Ronaldo, in un crescendo che sta imitando la galleria appesa alle pareti degli spogliatoi, dov’è riassunto il romanzo del club. Con le foto in bianco e nero di Platini, Baggio e Zidane, tanto per dirne tre non proprio a caso. Aspettando la consacrazi­one dell’ultimo dieci, Paulo Dybala. Lo Stadium è stato un posto che ha dato fame, a chi ci giocava, e s’è fatto una fama, davanti a chi arrivava. «Spesso, alla fine delle partite — disse una volta Pirlo — senti gli avversari parlare su quanto è bello questo stadio, e sul timore che hanno a giocarci, contro la Juve».

Oltre a una bella dimora, come da programma, lo Stadium s’è dimostrato un solido ramo d’azienda. Del resto, anche per quello era stato costruito, sulla scia dei grandi club europei: lucidare l’immagine e aumentare il bilancio. Come testimonia­to dall’ultimo accordo tra Allianz e Juve, siglato lo scorso febbraio, per restare ai più recenti capitoli della storia. Un connubio di sponsorizz­azione che ha ancor più legato il club bianconero al colosso assicurati­vo. Già titolare dei naming rights dell’arena, Allianz continuerà a darle il nome fino al 2030, prolungand­o di sette anni l’accordo precedente (sarebbe scaduto nel 2023). In più, il logo delle assicurazi­oni, sarà presente sulle divise di allenament­o della Juve e diventerà sponsor, in svariate forme, anche delle J-women. Contropart­ita, sui 103,1 milioni di euro. Anche questi, fanno la differenza.

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