L’avvio del take away non salva bar e ristoranti
Solo il 30-40 per cento ha tirato su la saracinesca. «Regole troppo complicate»
Questa domenica, coincisa con la festa della mamma, non sarà ricordata nel migliore dei modi dalle pasticcerie. Hanno registrato una riduzione del 50 per cento dei ricavi rispetto al 2019. Così è difficile voltare pagina dopo due mesi di stop dettati dall’emergenza sanitaria. L’avvio della «Fase 2» non ha restituito il sorriso al comparto della ristorazione. Soprattutto a Torino dove, secondo l’ascom Epat, il via libera al take-way è stato accolto con molte perplessità. La riprova? Solo il 40 per cento (che equivale a 1.700 insegne) dei bar, dei ristoranti, delle pasticcerie e delle gelaterie torinesi hanno avviato l’attività di asporto nel fine settimana.
L’addio al lockdown del commercio è partito con il freno a mano tirato. «È necessario semplificare le regole — spiega Claudio Ferraro, direttore Epat Torino —. Bisogna eliminare il vincolo della prenotazione, soprattutto se si dovrà contare a lungo sul delivery e sull’asporto. Per le altre misure di contenimento, mi riferisco all’imposizione dei due metri di distanziamento tra i tavoli nei ristoranti, spero vivamente che non siano praticate». Perché, secondo l’associazione di categoria, ulteriori restrizioni rischiano di condannare alla chiusura il 30 per degli esercizi.
I più preoccupati sono i ristoranti. Solo il 4o per cento ha riaperto nell’ultimo weekend. Percentuale simile a quella dei bar: appena il 30 per cento ha tirato su la serranda. Vanno meglio le pasticcerie e le gelaterie. Negli ultimi due giorni, in 400 hanno lavorato. Un numero in controtendenza che equivale all’80 per cento del totale.
Le modalità dell’asporto, al limite del kafkiano, hanno scoraggiato gli imprenditori della categoria dei bar. Pur avendo ottenuto da parte della Regione il permesso per rimanere aperti dalle 6 alle 21, molti hanno fatto fatica a lavorare per via del vincolo di servire i clienti dopo aver ricevuto l’ordinazione telefonica e non in presenza. Le norme anticontagio obbligano a fare molti sacrifici. Sperando in una ripresa estiva. «L’augurio degli operatori è l’apertura dei locali il 18 maggio — aggiunge Alessandro Mautino, presidente Epat — con criteri di tutela, ma anche di buon senso senza prescrizioni che rendano impossibile il lavoro».