ORA TOCCA AI PRIVATI INVESTIRE
Siamo la quarta regione d’italia ad aver tagliato più posti di malattie infettive, pneumologia e terapia intensiva, negli ultimi anni. Peggio hanno fatto solo Sardegna, Lazio e Lombardia
«Ciò che dovremmo seriamente chiederci, con spietatezza, è se ancora ci appartengano il ruolo, e dunque gli ornamenti, di una grande città», ha scritto domenica scorsa, su questo giornale, Gabriele Ferraris, sollevando una questione che molti torinesi invece preferiscono scansare. La decadenza di Torino, a onta di una retorica sempre più stantìa, è giunta al punto, secondo Ferraris, di pregiudicare quell’assetto da grande città che pure si pretende di mantenere. Così, un passo dopo l’altro, si sta compiendo la trasformazione di Torino in una grossa, torpida e persino incattivita città di provincia, non di meno riluttante a vedersi per quello che è, e disposta ancora a fingere di poter perpetuare uno stile di vita che non ha più i mezzi per sostenere.
Difficile non intravedere in un simile ritratto un riflesso della realtà italiana, in regresso a sua volta da oltre vent’anni, che oggi, in particolare, sconcertata dal trauma del Coronavirus, si mostra tanto incerta da non riuscire a prefigurare un futuro. Ma Torino si è sempre sentita migliore rispetto alla qualità media di un Paese in cui non si è mai riconosciuta fino in fondo. Di qui l’intensità dello smarrimento attuale, la perdita di energie che registra e che le impedisce di scorgere una prospettiva, tale da vincere la demoralizzazione del presente. Eppure, se si considerano i tempi lunghi dell’economia, un certo ripiegamento era inevitabile, nell’ordine delle cose.
Il Piemonte è la quarta regione d’italia ad aver perso più posti letto di malattie infettive, pneumologia e terapia intensiva, negli ultimi anni. E cioè proprio nelle aree più impegnate a prendersi cura dei malati covid. I tagli ci sono stati in tutte le regioni. Ma, peggio che qui, è andata soltanto in Sardegna, nel Lazio e in Lombardia. Lo rivela l’ultimo rapporto sul Coordinamento della finanza pubblica della Corte dei Conti. Nel dettaglio, tra 2012 e 2018, i letti di malattie infettive sono passati da 190 a 165, quelli di pneumologia da 182 a 171 e quelli di terapia intensiva da 310 a 299, ma a febbraio, alla vigilia dell’emergenza, ce n’erano 287. Meno 59 spazi in tutto.
Va detto che nel frattempo è entrato in vigore il decreto Balduzzi che ha rivisto il numero di posti letto per abitanti e il Piemonte ha dovuto fare i conti con il piano di rientro dalla spesa sanitaria. «La questione economica c’entra in parte - ammette Gilberto Fiore, anestesista dell’ospedale di Moncalieri e rappresentante del sindacato Aaroi-emac -. Allestire un letto di terapia intensiva costa 65-75mila euro. Già prima dell’emergenza da noi mancavano 100-150 letti».
Ma ora il ministero della Salute ha pensato a un potenziamento del Sistema sanitario. In Piemonte, i letti terapia intensiva passeranno, in pianta stabile, da 287 a 610 e quelli di sub-intensiva da un centinaio a 305, ma si potrebbe arrivare anche a 400. «In settimana — annuncia Giovanni
Monchiero, a capo del gruppo di lavoro sul tema — presenteremo il nostro piano di distribuzione dei letti».
La Regione potrà modificarlo e dovrà inviarlo, entro il 19 giugno, al ministero della Salute per l’approvazione finale e il via ai lavori. Nel progetto, attenzione anche alle malattie infettive: l’amedeo di Savoia si dovrebbe dotare di una terapia intensiva e in ogni ospedale ci sarà un infettivologo.