Corriere Torino

«Il commissari­amento? È un’assurda vendetta della sindaca Appendino»

Protesta dei lavoratori dell’ente lirico: «Siamo pronti a fare lo sciopero della fame per il teatro» Domani l’incontro delle rsu con la prima cittadina

- Paolo Morelli

«Va’ pensiero, sull’ali dorate…». Il Coro del Teatro Regio, ieri pomeriggio, ha deliziato chi era presente a Palazzo Civico con una piccola esibizione canora, alla quale si è aggiunto anche l’inno di Mameli. Non era, però, un’esecuzione come le altre. La celebre aria del Nabucco, ultima opera rappresent­ata al Regio prima del lockdown, canto di libertà e ribellione agli oppressori nonché dichiarazi­one d’amore per la propria patria, ha aperto la manifestaz­ione che i dipendenti dell’ente lirico hanno tenuto in piazza Palazzo di Città. Si sono rivolti alla sindaca, Chiara Appendino, che tuttavia non era presente in Municipio, per chiedere risposte alla situazione grave del teatro, per conoscere le sue intenzioni e avere rassicuraz­ioni su un futuro messo in discussion­e dal possibile arrivo di un commissari­o.

«La preoccupaz­ione c’è — ha detto Riccardino Massa, direttore di scena del Regio —, ci rendiamo conto che non ci sarebbero neanche i presuppost­i legali per il commissari­amento (due bilanci in rosso consecutiv­i, ndr ) ed è fondamenta­le che qualcuno ci spieghi il perché di questa decisione». Questione che sarà affrontata domani alle 14.30, durante un incontro tra la sindaca e le rsu del teatro, che è stato confermato alla stampa prima della comunicazi­one ufficiale ai rappresent­anti sindacali. Il malumore è forte. «All’apparenza — ha attaccato Carlo Caputo, maestro collaborat­ore e rsu del teatro — sembra una vendetta della sindaca. Ci eravamo opposti al rinnovo di Graziosi (l’ex sovrintend­ente ora indagato,

mentre alcune persone sono state allontanat­e dalle posizioni dirigenzia­li». Il teatro ha 298 dipendenti a tempo indetermin­ato, ma rischiano il posto gli altri circa 60 con contratti a termine, che lavorano 11 mesi all’anno e coprono i posti mancanti in pianta organica. Oltre, naturalmen­te, all’eventuale riduzione delle produzioni e al taglio delle retribuzio­ni, sempre nell’eventualit­à di un commissari­amento, la cui decisione spetta al ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschi­ni. È uno scenario che sindacati e lavoratori vogliono evitare a tutti i costi. «Non credo — prova a smorzare Pietro Gabriele di Cgil — che si tratti di una vendetta della sindaca, ma non ci sono condizioni legali né economiche per arrivare al commissari­amento». Mentre il Va’ pensiero e l’inno di Mameli si alternavan­o ai cori «Vergogna! Vergogna!», più un qualche timido «A casa!», rivolti all’indirizzo di Palazzo Civico, una delegazion­e di rsu ha potuto leggere un comunicato durante la conferenza dei capigruppo in Consiglio comunale. Oltre ai chiariment­i e alla convocazio­ne di una commission­e congiunta cultura-lavoro sulla crisi del teatro, è stato chiesto l’accesso dettagliat­o ai dati di bilancio. Come ha spiegato Pierluigi Filagna di Fials, una delle quattro rsu ad aver letto il comunicato, il lockdown avrebbe addirittur­a avvantaggi­ato il teatro, senza costi di produzione e con i dipendenti in cassa pagati dall’inps (cosa peraltro comune a diverse fondazioni lirico-sinfoniche). «Il commissari­o — ha avvertito — in ogni caso dovrà prima vedersela con le rsu». Anche perché la crisi ha unito le diverse anime politiche presenti in una grande realtà-azienda come il Regio, con alcuni, ha ribadito Pierina Trivero di Cgil, pronti allo sciopero della fame come già accaduto nel 2005. Restano i dubbi, fra i lavoratori, sul ruolo delle fondazioni bancarie e della Regione Piemonte, che hanno avallato la decisione del Comune, e sull’eventuale coinvolgim­ento di Fondazione per la Cultura nel sostegno al teatro. «Salvare il Regio — ha concluso Trivero — è una scelta politica».

La polemica

I sindacati sottolinea­no la mancanza di requisiti per la richiesta al ministro: «Ci siamo opposti a Graziosi e questa è la reazione»

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