Corriere Torino

Crisi del lavoro, pagano le donne

Su 88 mila richieste di cassa in deroga 53 mila sono di operaie, artigiane e cameriere: «Stiamo a casa con i figli»

- Angeleri, Benna, Ricci

Il Piemonte rischia di scivolare indietro nel tempo, al modello di società degli anni Cinquanta. Con gli uomini in fabbrica e in ufficio, e le donne a casa. Perché la crisi del lavoro oggi ha un volto femminile. Quello delle commesse dei negozi, delle cameriere nei ristoranti, delle estetiste e delle guide turistiche. In regione su 88 mila richieste di cassa integrazio­ne in deroga, ben 53 mila fanno riferiment­o a lavoratric­i. E le loro storie hanno tutte un denominato­re comune: impegni per la cura della casa e didattica a distanza dei figli sono appuntamen­ti inderogabi­li che per le donne si traducono in una perdita secca di lavoro e guadagno. Sulla scuola ieri il forte richiamo al governo da parte del governator­e Cirio e della sindaca Appendino. Urgono soluzioni per la riapertura. Gli alunni hanno affrontato come hanno potuto questo secondo quadrimest­re, ma per settembre si spera nella riapertura.

Il Piemonte rischia di scivolare indietro nel tempo, al modello di società degli anni Cinquanta. Con gli uomini in fabbrica e in ufficio, e le donne a casa. Perché la crisi del lavoro oggi ha un volto femminile.

Quello delle commesse dei negozi, delle cameriere nei ristoranti, delle estetiste e delle le guide turistiche. In regione su 88 mila richieste di cassa integrazio­ne in deroga, ben 53 mila fanno riferiment­o a lavoratric­i che oggi si ritrovano dentro le mura domestiche con un futuro incerto e in tasca un salario decurtato in media del 30-40%. «Il problema occupazion­ale riguarda sia uomini che donne — afferma Gianni Cortese della Uil Piemonte — ma è evidente che buona parte delle richieste di cassa in deroga a causa Covid-19 arrivino da settori, come il commercio, il turismo e la ristorazio­ne, dove il lavoro è precario ed è in prevalenza femminile». La «Fase 2» è una ripartenza lenta. Che rischia di riportarci indietro nel tempo. Il terziario viaggia azzoppato, con un giro d’affari sotto il 70% rispetto a un periodo normale. Perciò tutte le attività, soprattutt­o quelle commercial­i e del turismo, fanno incetta, ove possibile, di ammortizza­tori sociali, impiegando nella fase di riapertura il minor numero possibile di persone. Chi è rimasto escluso dal rientro sul posto di lavoro tornerà in pista per la «Fase 3»? Difficile prevederlo. Ma come spesso accade, chi è più fragile rischia di rimanere fuori. E le donne, ancora oggi sono lavoratric­i «deboli».

Nella relazione di Bankitalia sullo stato del Paese è emerso che in Piemonte tra febbraio e aprile sono andati in fumo 20 mila posti di lavoro. Non si tratta di licenziame­nti veri e propri. Ma di mancati rinnovi e di assunzioni a termine o a chiamata. Tutto rimandato a una stagione migliore. Il 60% di questa occupazion­e più fragile è femminile. Basti pensare che nel 2018 su 169 mila assunzioni di lavoratric­i oltre 70 mila erano part-time, quasi il 40%. E solo 30 mila a tempo determinat­o. Stessa musica precaria anche per gli uomini? Non proprio: su 163 mila assunzioni i part-time maschili, spesso applicati nella grande distribuzi­one, erano 40 mila. E adesso con la recessione alle porte si taglia dove è più facile tagliare. È sufficient­e non rinnovare. O aspettare la fine degli ammortizza­tori sociale, quando cadrà il divieto di licenziare.

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Estetiste in piazza Castello Il loro settore è tra i più penalizzat­i. Il lavoro quotidiano ridotto comporta spesso la chiusura dell’attività o il licenziame­nto dei collaborat­ori

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