«La casa e la dad dei figli Noi costrette a rinunciare a impegni e stipendio»
Lo sfogo: «Non c’è tempo per il nostro smart working»
Uno studio di Ipsos condotto per Weworld dice che una donna su due ha dovuto abbandonare prospettive personali per il super carico di impegni durante l’emergenza sanitaria. La fascia più colpita va dai 30 ai 50 anni. La rappresentanza femminile nel lavoro e nella società è fortemente a rischio.
Beatriz Almenara ha lasciato il Venezuela per l’italia nel 2003: «Ho seguito l’amore. Ho lavorato anni in una multinazionale poi sono nate le mie due bambine di 9 e 4 anni». Finalmente era riuscita a trovare la professione che più le si addiceva, «ho studiato come consulente d’immagine, è una figura che si occupa dello stile di una persona e di autostima. Non è stato facile inserirmi in un tessuto come Mondovì ma le cose cominciavano a girare. Avevo fatto una buona strategia di comunicazione ed erano entrati dei grossi lavori. È tutto fermo. Non ho più potuto incontrare le mie clienti e mio marito lavora tra qui e Torino. A casa devo stare io. Ci stiamo separando e l’assenza di lavoro mi mette in una situazione di dipendenza economica molto difficile». «La sera vado a dormire con la tachicardia. Sono sfinita: il lavoro è centuplicato. Tra poco ci sarà il concorso e non ho tempo neppure per aprire un libro». Patrizia Baracchi è insegnante precaria da 5 anni, come il marito. I suoi figli hanno 8 e 16 anni, «e sono trascuratissimi. Oltre alla loro Dad seguo anche i miei ragazzi (è insegnante di sostegno) e per non farli rimanere indietro sono disponibile anche la domenica. Spero di esserci anche l’anno prossimo». Il marito fa due lavori, «altrimenti non riusciremmo a sopravvivere. Non posso contare sul suo aiuto. Devo pensare anche ai miei genitori che sono anziani e hanno qualche patologia». La Dad per lei è un grande fallimento, «sono molti i ragazzini che non si sono connessi per mille motivi. Alcuni hanno mamme infermiere. Spero che il governo s’impegni per trovare soluzioni e non si concentri a troncaro), re il nostro desiderio di passare di ruolo». Rita Ruva è impiegata metalmeccanica in Fca, divorziata, due figli, genitori anziani cui provvedere, smart working, «è un continuo accavallarsi di riunioni e lezioni, abbassare i toni, passarsi i device. Lo stress è alto. È come lavorare a cottimo e non ci sono parametri circa il diritto di disconnessione». È delegata sindacale Rls (rappresentante sicurezza e lavo«tante donne hanno rinunciato allo smart working perché non riuscivano a stare dietro ai figli. Dovendo seguire la famiglia, molte rinunciano a una parte di stipendio». Deborah Bonicco ha due bimbi di 7 e 6 anni, è parrucchiera: «Ora sta andando bene perché sto recuperando clienti che non venivano da mesi. Il mio negozio è di 30 metri quadri e può entrare una persona per volta, perdo già molto. Tra qualche settimana sarò costretta a lavorare solo mezza giornata perché devo occuparmi dei bambini che altrimenti sono allo sbando, anche
La parrucchiera
Deborah: «Il lavoro ora va bene ma dovrò farlo part time per non trascurare i bambini»
per la Dad. I 600 euro non li ho visti e il bonus è troppo macchinoso da chiedere. Se gli affari non andranno bene dovrò chiudere». Gioia Saffirio ha un’agenzia di eventi e due adolescenti in casa, «Il lavoro è fermo. Mio marito è blindato nel suo studio, il suo impegno è aumentato. Se a settembre le cose non cambieranno vedo molto dura una ripartenza. I ragazzi mi hanno dato una grande lezione di vita. Sono stati molto sacrificati e noi con loro».