Corriere Torino

«La casa e la dad dei figli Noi costrette a rinunciare a impegni e stipendio»

Lo sfogo: «Non c’è tempo per il nostro smart working»

- Di Francesca Angeleri

Uno studio di Ipsos condotto per Weworld dice che una donna su due ha dovuto abbandonar­e prospettiv­e personali per il super carico di impegni durante l’emergenza sanitaria. La fascia più colpita va dai 30 ai 50 anni. La rappresent­anza femminile nel lavoro e nella società è fortemente a rischio.

Beatriz Almenara ha lasciato il Venezuela per l’italia nel 2003: «Ho seguito l’amore. Ho lavorato anni in una multinazio­nale poi sono nate le mie due bambine di 9 e 4 anni». Finalmente era riuscita a trovare la profession­e che più le si addiceva, «ho studiato come consulente d’immagine, è una figura che si occupa dello stile di una persona e di autostima. Non è stato facile inserirmi in un tessuto come Mondovì ma le cose cominciava­no a girare. Avevo fatto una buona strategia di comunicazi­one ed erano entrati dei grossi lavori. È tutto fermo. Non ho più potuto incontrare le mie clienti e mio marito lavora tra qui e Torino. A casa devo stare io. Ci stiamo separando e l’assenza di lavoro mi mette in una situazione di dipendenza economica molto difficile». «La sera vado a dormire con la tachicardi­a. Sono sfinita: il lavoro è centuplica­to. Tra poco ci sarà il concorso e non ho tempo neppure per aprire un libro». Patrizia Baracchi è insegnante precaria da 5 anni, come il marito. I suoi figli hanno 8 e 16 anni, «e sono trascurati­ssimi. Oltre alla loro Dad seguo anche i miei ragazzi (è insegnante di sostegno) e per non farli rimanere indietro sono disponibil­e anche la domenica. Spero di esserci anche l’anno prossimo». Il marito fa due lavori, «altrimenti non riusciremm­o a sopravvive­re. Non posso contare sul suo aiuto. Devo pensare anche ai miei genitori che sono anziani e hanno qualche patologia». La Dad per lei è un grande fallimento, «sono molti i ragazzini che non si sono connessi per mille motivi. Alcuni hanno mamme infermiere. Spero che il governo s’impegni per trovare soluzioni e non si concentri a troncaro), re il nostro desiderio di passare di ruolo». Rita Ruva è impiegata metalmecca­nica in Fca, divorziata, due figli, genitori anziani cui provvedere, smart working, «è un continuo accavallar­si di riunioni e lezioni, abbassare i toni, passarsi i device. Lo stress è alto. È come lavorare a cottimo e non ci sono parametri circa il diritto di disconness­ione». È delegata sindacale Rls (rappresent­ante sicurezza e lavo«tante donne hanno rinunciato allo smart working perché non riuscivano a stare dietro ai figli. Dovendo seguire la famiglia, molte rinunciano a una parte di stipendio». Deborah Bonicco ha due bimbi di 7 e 6 anni, è parrucchie­ra: «Ora sta andando bene perché sto recuperand­o clienti che non venivano da mesi. Il mio negozio è di 30 metri quadri e può entrare una persona per volta, perdo già molto. Tra qualche settimana sarò costretta a lavorare solo mezza giornata perché devo occuparmi dei bambini che altrimenti sono allo sbando, anche

La parrucchie­ra

Deborah: «Il lavoro ora va bene ma dovrò farlo part time per non trascurare i bambini»

per la Dad. I 600 euro non li ho visti e il bonus è troppo macchinoso da chiedere. Se gli affari non andranno bene dovrò chiudere». Gioia Saffirio ha un’agenzia di eventi e due adolescent­i in casa, «Il lavoro è fermo. Mio marito è blindato nel suo studio, il suo impegno è aumentato. Se a settembre le cose non cambierann­o vedo molto dura una ripartenza. I ragazzi mi hanno dato una grande lezione di vita. Sono stati molto sacrificat­i e noi con loro».

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In negozio Molte precauzion­i per riprendere l’attività con meno incassi però

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