Corriere Torino

Un bando per sessanta «Infermieri di famiglia»

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Anche se ieri, a Torino, sono emersi appena nove nuovi casi di coronaviru­s — 19 in Regione, mai così pochi — e i positivi attuali sono poco più di mille in tutto, la Asl lavora per blindare la città in caso di nuovi focolai. Da qualche giorno, secondo le regole e con i fondi previsti del governo, è iniziata la ricerca di 60 infermieri che diventeran­no «infermieri di famiglia», in supporto ai medici di medicina generale. «Però lavorerann­o per conto della Asl — specifica il commissari­o Carlo Picco — e ci daranno una mano nella gestione di eventuali nuovi casi di coronaviru­s ma anche per altre patologie se ce ne fosse bisogno. Il loro ruolo sarà modulato a seconda delle esigenze». L’unico limite è il tipo di contratto previsto. Un co.co.co che non sta riscuotend­o successo tra le i profession­isti che la Asl ha iniziato a contattare in questi giorni ma, d’altra parte, lo stesso problema si è verificato all’ospedale di Verduno e nella stessa Asl, nella ricerca di infermieri per le Rsa. «Ma noi insisterem­o». L’azienda sanitaria continua a tenere alta la guardia. E lavora, ancora, per rafforzare le attività al di fuori dell’ospedale, sul territorio. Gli infermieri di famiglia sono un elemento ma certo non l’unico. La Centrale covid, che gestisce i pazienti con coronaviru­s a domicilio, resta attiva e, visto il suo successo, sarà riproposta anche se un domani dovessero presentars­i nuove epidemie. «Puntiamo — spiega ancora Carlo Picco — a creare un modello. Un’organizzaz­ione che dovrà essere flessibile». E che dovrà prevedere una sempre più stretta collaboraz­ione con i medici di famiglia. Oggi l’impegno principale di questi ultimi è rivalutare quante delle circa 300 mila prestazion­i saltate tra Torino e provincia — visite specialist­iche ed esami diagnostic­i — dovranno essere recuperate. «Non solo», commenta Roberto Venesia, presidente della Fimmg, la Federazion­e dei medici di famiglia del Piemonte. «Vogliamo testare una piattaform­a per gestire in remoto pazienti con cronicità, diabete su tutti, e anche per collegarci con specialist­i in modo da abbattere le visite». Proprio come auspica la Asl di Torino. (l. cas.)

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