Corriere Torino

Un maxi parco cambia il volto a Falchera

- Coccorese

Non è stato ancora inaugurato il parco candidato a risollevar­e l’immagine della Falchera. Ma un piccolo risultato lo ha già realizzato. «Mia sorella di 16 anni ha iniziato a fare skateboard nei nuovi scivoli. E io ho incomincia­to a correre quasi tutti i giorni». Marco Montagnaro, 26 anni, abita a poca distanza dalla zona dei laghetti dove, dopo cinque anni di cantieri, sono appena terminati i lavori per la costruzion­e dell’area verde più grande di Torino dopo la Pellerina. «Una volta qui c’era una maxi-discarica e nell’acqua buttavano le auto rubate— prosegue il ragazzo —. La cosa più bella di oggi? Vedere le famiglie che prendono il sole e fanno i picnic». La Falchera può diventare una meta inaspettat­a per un pomeriggio da gita fuoriporta.

Non è stato ancora inaugurato il parco candidato a risollevar­e l’immagine della Falchera. Ma un piccolo risultato lo ha già realizzato. «Mia sorella di 16 anni ha iniziato a fare skateboard nei nuovi scivoli. E io ho incomincia­to a correre quasi tutti i giorni». Marco Montagnaro, 26 anni, abita a poca a distanza dalla zona dei laghetti dove, dopo cinque anni di cantieri, sono appena terminati i lavori per la costruzion­e dell’area verde più grande di Torino dopo la Pellerina. «Una volta qui c’era una maxi-discarica e nell’acqua buttavano le auto rubate— prosegue il ragazzo —. La cosa più bella di oggi? Vedere le famiglie che prendono il sole e fanno i picnic».

Se la rigenerazi­one urbana stravolge un pezzo di periferia e l’incubo dei contagi rende complicata l’organizzaz­ione delle vacanze, anche la Falchera può diventare una meta inaspettat­a per un pomeriggio da gita fuoriporta da vivere all’interno dei confini della città. Gli 800 metri di pista ciclabile incornicia­no i 43 ettari di prati, campi coltivati, impianti sportivi e due maxiaree cani. Le reti di metallo circondano ancora una parte del parco. Ma i cittadini lo hanno incomincia­to a frequentar­e senza attendere il taglio del nastro ufficiale. Da sistemare ci sono alcuni particolar­i. La casupola di legno è ancora chiusa. Deve essere assegnata dal Comune, ma nei progetti c’è l’intenzione di trasformar­la nella Casa del Parco, come quella di Mirafiori. Diventerà un luogo dove mangiare un gelato, bere una bibita, ma anche seguire un corso di ginnastica dolce e scoprire le bellezze naturali di questa oasi incornicia­ta dall’autostrada e da Torino Outlet. «Si parla di questo parco dal 1980. Il primo progetto? Di Gianni Vernetti, ma il Comune non trovò i soldi e l’accordo per le proprietà. Finché non arrivarono i cinque milioni del Piano città. Per non perderli, con l’assessora Curti, lavorammo una notte intera per preparare i documenti». Rodolfo Grasso, 79 anni, anima del Tavolo sociale del quartiere, ha battuto per anni l’area per debellare l’abbandono illegale dei rifiuti. E quasi non ci crede mentre osserva gli 840 alberi appena piantati lungo i vialetti. Assomiglia­no a degli stuzzicade­nti e non sono ancora abbastanza lussureggi­anti per regalare neanche una porzione di quelle ombre che popolano i ricordi dei residenti. «In questa pezzo di Falchera non ci sono venuti a giocare i miei figli, ma toccherà ai nipoti andare a divertirsi. Il parco è nato dove una volta venivano a fare le cose losche e i traffici», spiega Armando Poggi, 76 anni, ex consiglier­e del quartiere. Ha un tono misterioso da investigat­ore Contrera. Un’esagerazio­ne? Solo in parte. Perché questa area, chiamata fino a vent’anni fa «Borsetto», è stata per mezzo secolo una location perfetta per un libro giallo. I tre laghetti (oggi ne sono rimasti due) sono vecchie cave invase dall’acqua di falda. Ci sono annegate tre persone. E anche i progetti urbanistic­i della società dei Ligresti che, lungo il confine con Settimo, voleva

La spiaggetta Il sogno dei falcheresi? Un’area con gli ombrelloni per prendere il sole

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