Corriere Torino

E il derby si trasferisc­e al pub

- Mecca

C’è il derby e non si sente nelle strade del centro, tra tavolini, shopping, code davanti alle gelaterie. Troppo caldo, troppo luglio, troppa estate: il calcio da television­e può aspettare: basta dare un’occhiata al punteggio una volta ogni tanto. Juve-toro in modalità diffusa e con un tifo in miniatura per evitare assembrame­nti la si guarda di sfuggita. Sembra che il calcio di luglio non sia più notte magica, come cantavano Bennato e Nannini.

C’è il derby e non si sente nelle strade del centro, tra tavolini, shopping, code davanti alle gelaterie. Troppo caldo, troppo luglio, troppa estate: il calcio da television­e può aspettare: basta dare un’occhiata al punteggio una volta ogni tanto. Ore 17.15, fischio di inizio all’allianz Stadium, via Lagrange è piena di persone. «Ma non guardate il derby?». «Ma è luglio», si giustifica­no quasi, come se sentissero colpevoli di pensare troppo poco alla loro squadra del cuore; poi si arrampican­o sugli specchi: «la seguiamo sul telefono, ci arrivano le notifiche».

Juve-toro in modalità diffusa e con un tifo in miniatura per evitare assembrame­nti la si guarda di sfuggita. Al parco del Valentino il calcio preferisco­no giocarlo piuttosto che vederlo, nei circoli lungo il Po i campi di tennis, di padel e di beach volley sono tutti occupati. «Preferisco non guardare», rispondono tra uno scambio e l’altro. «Sono scaramanti­co, non voglio sapere niente, soffrirei troppo». I tassisti di piazza Vittorio ammazzano il tempo giocando a solitario. «Cosa fa la Juve?». «Mi dispiace non so niente».

Sembra che il calcio di luglio non sia più notte magica, come cantavano Bennato e Nannini. Per fortuna però, basta uno schermo acceso e un’azione dentro l’area di rigore per risvegliar­e i distratti, i tifosi vacanzieri. Basta un cross per farli fermare, per ricordarsi di quanto è bello il calcio. I pub di corso Vittorio e dintorni sono pieni a metà, nell’area pedonale di via Mazzini

si sta più comodi, sempre nel rispetto delle norme di sicurezza. Ma, visto da vicino, il pallone è più forte dell’afa, della voglia di muoversi. Chi passa davanti a Cristiano Ronaldo o ad Andrea Belotti si ferma a guardare, a incrociare le dita, a mettersi le mani nei capelli, ad alzarsi in piedi dopo un tiro in porta.

Riflessi condiziona­ti che sono rimasti sempre identici, gli stessi di quando eravamo bambini. Gabriele e Josephine hanno 12 e 6 anni, sarebbero dovuti essere a Nizza ma hanno convinto i genitori a rimandare la partenza, volevano vedere la partita in mezzo agli altri, uno con la maglia granata, l’altra con quella bianconera. Il calcio è ancora il gioco di tutti. È per questo durante il secondo tempo i marciapied­i davanti alle television­i si riempiono di persone con gli occhi rivolti verso l’alto: Juve-toro smette di essere derby di luglio, diventa derby e basta. Con mascherine d’ordinanza, birre ghiacciate, pugni chiusi, magliette

del colore della propria fede. Al Bistro’zz, nel pieno centro di Chieri, le diverse tifoserie convivono con serenità, a fine partita qualcuno sorride, qualcun altro un po’ meno. Carlo esce dal locale a testa bassa: «Temevo finisse così», poco distante da lui Felice è ottimista. «Partita dignitosa. Ora testa al Brescia. Non esistono alternativ­e alla vittoria», dice riprendend­o un vecchio motto del nemico. Un turista svedese, all’88’, passa davanti a un maxischerm­o e dice alla sua fidanzata con un tono un po’ snob: «Questo è uno spettacolo tipicament­e italiano». Verrebbe voglia di rispondere che ha proprio ragione: il calcio e i suoi contorni sono uno spettacolo italiano, bellissimo.

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Ma è rigore... Felice Massimo, granata e titolare del Bistro’zz di Chieri chiama il mani di De Ligt
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