Corriere Torino

I coltivator­i del futuro

- P. Coc.

Il nuovo parco dei laghetti ha portato in dote anche «Urban Aqua Farm». È un progetto sperimenta­le, proposto da Carlo Prelli Service e finanziato dal programma Axto, che intende sviluppare e testare dei sistemi innovativi destinati all’orticoltur­a. La parola d'ordine è «idroponica». E si riferisce a quelle tecniche di coltivazio­ne fuori suolo. Alla Falchera, sotto una lunga serra bianca, un gruppo di volontari ha accettato la sfida di far crescere alcune piantine in una vasca popolata da pesci rossi. «È un progetto pilota per Torino — spiega Domenico Raso, uno dei protagonis­ti di questa startup —. Nella “piscinetta” le feci dei pesci offrono le risorse nutritive alle radici. Così, non utilizziam­o prodotti chimici e i fertilizza­nti». Per vincere questa scommessa bisogna trovare un equilibrio organico. È necessario per poter sognare in grande. «Vorremmo produrre delle piantine da vendere a prezzo ridotto a tutti gli assegnatar­i di un orto urbano del Comune», racconta Raso. Abita alla Falchera ed è in pensione. Con altri volontari è diventato un alfiere di Urban Aqua Farm. Un progetto ancora più importate perché in linea con i principi dell’economia circolare. «Ho seguito un corso ad Ancona per capire come creare un’ecosistema perfettame­nte equilibrat­o — prosegue il residente della Falchera —. In questi primi mesi abbiamo raccolto le prime piantine. Non è stato facile farle venire su perché la Smat non ci ha ancora allacciato l’impianto». Un’attesa snervante che non ha fermato i «contadini del futuro» del parco dei laghetti. Sono temprati anche dalle delusioni. «Abbiamo coltivato pomodori, cetrioli e angurie. Il processo non è semplice e speriamo di affinarlo per renderlo più veloce. Basta poco per sbagliare». Se non si assicura un buon passaggio dell’acqua, l’assenza di ossigeno può far morire i pesciolini nella vasca. «È capitato — chiosa Raso —. Ma non ci siamo dati per vinti».

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