Corriere Torino

«Così rendiamo la periferia attrattiva anche per i bambini»

- P. Coc.

«Questo parco permette di realizzare un obiettivo ambizioso, quello — per usare un concetto forse un po’ abusato — della città policentri­ca. È un’area verde così bella che è frequentat­a da persone che abitano in altri quartieri e nei comuni vicini». Carlotta Salerno è la presidente della Circoscriz­ione 6. Amministra da quattro anni questa fetta di periferia che sta cercando di lasciarsi alle spalle la sua antica nomea. «Falchera deve ribaltare il rapporto con la città — aggiunge Salerno —. Con la linea 4 si raggiunge comodament­e il centro. Bene. Noi vogliamo che il tram si riempia di persone dirette verso il nostro quartiere».

Da cosa partire?

«Prendiamo, per esempio, la biblioteca “Don Milani”. Tra gli iscritti ci sono anche ragazzi di Borgaro. L’hanno scelta perché è in un bel posto, ordinata e tranquilla. E non offre un servizio di serie B».

Quando si parla di periferia, viene sempre il dubbio che si costruisca qualcosa di scadente rispetto al centro...

«Non bisogna cadere in un errore. In passato, qualche volta, si è pensato che la città policentri­ca potesse nascere sempliceme­nte aprendo o portando qualcosa nelle periferie. È una cosa importante, ma non è abbastanza».

Perché?

«La sfida è cambiare la prospettiv­a. Puntando, per esempio, su qualcosa di veramente bello».

Si riferisce al parco?

«Sì, ne parliamo così bene perché è stato concluso dopo averlo atteso per tanti anni. Ma questa soddisfazi­one non restituisc­e la sua vera dimensione. Il parco è una figata. La qualità con cui è stato costruito non si discute. È di seria A. Sa qual è il mio sogno?».

Quale?

«Che ci girino presto un film. Con quei palazzi sullo sfondo, è il set naturale per un film onirico, visionario».

Magari. Anche perché la Falchera è vista come una location per film ambientant­i nel degrado.

«Qualcosa si sta muovendo nel quartiere».

Cosa?

«I campi sportivi di viale degli Ulivi, devastati e abbandonat­i, stanno rinascendo con l’opera della Nida. I cantieri non sono chiusi, ma i bambini hanno già incomincia­to a giocare sui sintetici. E, nelle scorse settimane, sono iniziati i lavori anche all’impianto di Falchera Vecchia».

Dopo quasi dieci anni di abbandono cosa nascerà?

«Lo abbiamo affidato agli Alpini, gruppo Vega, ma non con destinazio­ne d’uso sportiva. Ci addestrera­nno i cani delle unità cinofile e lo apriranno alle altre associazio­ni. Ma ci sono novità anche per i centri giovanili, il Falklab e il Barrio».

Dopo dieci anni sono finiti i lavori per il secondo accesso?

«Terminati i collaudi, aprirà il cavalcafer­rovia. Mentre per il piano esecutivo convenzion­ato bisognerà vedere. È un progetto urbanistic­o importante. Bisognerà trovare un equilibrio economico. Dal punto di vista delle procedure, però, è tutto pronto per partire».

Come vede la Falchera del futuro?

«C’è un ricambio generazion­i in atto. E dobbiamo attrarre le famiglie. È un quartiere a misura di bambino. Non c’è traffico, le scuole funzionano e c’è il parco più bello della città».

E i vecchi problemi?

«Quelli ci sono. Non bisogna abbassare il livello dei servizi. Come nel caso dell’anagrafe. E migliorare, per esempio, l’aspetto di Falchera Nuova. Non vogliamo più vedere le strade piene di buche».

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