Annina, la nonna, i capunet e un vestito da gangster
Direttore carissimo, eccomi qua, la sua affezionata Annina della prima liceo Artistico di Torino con tante belle novità. Riassumendo — ma sono certa che legge con avidità le mie letterine — come sa la nonna ha scritto un ricettario piemontese, come dice lei, come si mangiava bene una volta; ha trovato un agente letterario, una simpatica signora milanese che n’è rimasta entusiasta e che a sua volta l’ha fatto leggere a un importante editore che, elettrizzato pure lui, ha fatto uscire il libro. Come le ho detto io ho illustrato il libro con delle vignette «casalinghe», infatti ho preso spunto da mio papà e mia mamma mentre mangiano. Bisogna riconoscere che l’editore ha preparato una campagna stampa di prim’ordine e così ringrazio anche lei, caro direttore, per la paginona con l’intervista alla nonna e a me corredata di belle fotografie della campagna piemontese. La nonna ha ricevuto un sacco di mail, la fermano persino per strada e al supermercato per farle i complimenti. Lei firma autografi e mi dice che però adesso per fare la spesa ci vogliono due orette perché madame e madamin la bloccano per chiacchierare. Ieri persino un senegalese alto 3 metri l’ha fermata perché voleva sapere qual è il cardo migliore da servire con la bagna cauda. La nonna gli ha risposto che il meglio del meglio è il cardo gobbo di Nizza Monferrato, ma ha aggiunto sussurrando di non stare lì a diventare matto a cercarlo, che un buon cardo anche non gobbo va benissimo. Poi una bella sorpresa, l’agente della nonna le ha telefonato per dirle che a una signora dell’astigiano piacerebbe moltissimo organizzare una presentazione a casa sua sulle colline del Monferrato. L’idea, magnifica, è di invitare un gruppo di persone ad assaggiare alcune ricette preparate dal suo cuoco sotto la direzione della nonna e di regalare agli amici una copia del libro! La nonna ha accettato e l’ha detto al papà e alla mamma invitando anche loro. La mamma è entrata subito in agitazione: «Cosa mi metto, cosa non mi metto», e via per negozi. La nonna, che tra le grandi virtù ha pure quella di conservare come si deve i suoi abiti, è scesa da Piera, la nostra portinaia che è un’ottima sarta e si è fatta aggiustare — le andava un po’ largo e la gonna non cadeva bene — uno chemisier di seta che ha messo l’ultima volta al matrimonio di sua cugina Rita quando s’è sposata con un notaio di Savigliano. Perle e scarpe con tacco basso e siamo a posto così. La mamma ha commentato che ormai la nonna assomiglia sempre di più alla Regina Elisabetta, chiudendo: «Avessimo almeno una decima parte dei suoi soldi». Lei, la mamma, ha deciso per un vestito con dei maxi papaveri, è andata a farsi la tinta ed è tornata rossa e gonfia genere Tina Turner. Il papà, che ha chiesto se poteva venire in bermuda — non puoi venire in bermuda — e si è poi messo il gessato tipo gangster che d’estate non è proprio il massimo, però, dice la mamma, la sua figura la fa. Insomma, siamo arrivati in una villa fa-vo-lo-sa piena di gente elegantissima e il papà ha parcheggiato il Suv arancione che gli ha prestato il suo amico Sergio tra una Jaguar e una Spider decappottabile. La padrona di casa è venuta ad accogliere la nonna lodando la sua mise. Un trionfo, la cucina è stata impiantata nel parco, la nonna ha fatto subito amicizia col cuoco e ha fatto preparare dei capunet con la verza che hanno lasciato tutti stupefatti dalla bontà. Poi, firmando gli autografi, un’altra signora le ha detto: «Adoro le sue ricette», e poi si è chinata su di lei confidenziale: «Ma quel tizio vestito come Al Capone è il suo autista?» La nonna ha alzato gli occhi al cielo: «No, è mio genero, signora, mio genero».