Corriere Torino

Se l’impression­ismo si scopre tedesco

- Alessandro Martini Maurizio Francescon­i

Per la prima volta in Italia, da sabato arriva al Museo Archeologi­co di Aosta una mostra che indaga la strada teutonica alla rivoluzion­e della pittura «en plein air»

Il termine Impression­ismo rievoca in tutti noi le stesse immagini, talvolta un po’ abusate, fatte di colazioni sull’erba, facciate di cattedrali, covoni di fieno al tramonto, ninfee e tutta quella pittura en plein air che è sinonimo di Francia tardo ottocentes­ca. Ben sappiamo quale successo, in passato e tuttora, ha riscosso la pittura impression­ista francese e quanto i musei internazio­nali abbiano attinto a collezioni di qualità talvolta discontinu­a per realizzare mostre di sicuro successo. Intere programmaz­ioni espositive, in Italia e all’estero, si sono basate sui «grandi nomi» di maestri dell’impression­ismo e Post Impression­ismo, da Manet a Monet, da Degas a Van Gogh. Ma i grandi nomi costano, i prestiti sono limitati e si cerca necessaria­mente altrove. Si guarda ai minori, agli ambiti tematici, alle scuole nazionali. Ed è un bene, perché spesso da questa ricerca nascono sorprese e una nuova conoscenza di artisti a noi poco noti. È stata la volta dell’impression­ismo spagnolo, inglese o americano (protagonis­ti di mostre e aste in tutto il mondo) ma anche di quello italiano (a loro modo i Macchiaiol­i sono dei lontani cugini degli Impression­isti) e, contro ogni previsione atmosferic­a, di quello tedesco. Il clima assolato è, infatti, una delle condizioni necessarie (ma non sufficient­i) per la pittura en plein air associata a immediatez­za e vivacità cromatica. Ciò nonostante la Germania è ora protagonis­ta di una mostra piuttosto inattesa sugli impression­isti tedeschi. Arriva dal Landesmuse­um di Hannover, che possiede una delle maggiori collezioni di arte del XIX secolo in Germania. Impression­ismo tedesco. Liebermann, Slevogt, Corinth dal Landesmuse­um di Hannover ,al Museo Archeologi­co Regionale di Aosta dall’11 luglio al 25 ottobre, indaga la strada teutonica a una delle più rivoluzion­arie correnti artistiche europee attraverso opere per la maggior parte mai esposte al di fuori del loro Paese. Curata da Thomas Andratschk­e con Daria Jorioz, presenta dipinti, grafiche e sculture attraverso un percorso cronologic­o suddiviso in tre sezioni, corrispond­enti ad altrettant­i ambiti tematici. La prima sezione accoglie i «pionieri» della pittura paesaggist­ica tedesca e comprende opere realizzate dagli anni Venti dell’ottocento fino al 1890, caratteriz­zate da un «realismo narrativo» che sollecita gli artisti a uscire dal proprio studio per impegnarsi in una pratica pittorica che è al contempo realista e en plein air. Compaiono artisti come Karl Blechen, Franz Lenbach e Hans Thoma. La seconda sezione propone invece i capolavori dei tre più noti impression­isti tedeschi: Max Liebermann, Max Slevogt e Lovis Corinth. L’opera di Liebermann dal titolo Kaffeegart­en e Tiergarten, due oli su tela del 1915, appare un esempio eloquente di quanto l’arte impression­ista tedesca non sia così diversa (né inferiore) alla più celebre francese, e lo stesso si può affermare per Rococò di Corinth (del 1909) e Ritratto di ragazza di Slevogt (del 1893 circa). È indagata l’intera parabola di questi tre artisti, fino al loro declino segnato dall’avvento della Repubblica di Weimar e dalla nascita della «Nuova Oggettivit­à» (la «Neue Sachlichke­it» tedesca). La terza sezione, infine, offre ai visitatori i loro successori, attivi fino al 1930. Al centro, la colonia di Worpswede in Bassa Sassonia con i fondatori Otto Modersohn e Hans am Ende, dall’impronta fortemente antiaccade­mia (non a caso assume come modello la scuola di Skagen in Danimarca e la francese scuola di Barbizon, in cui operano, tra gli altri, pittori realisti come Millet, Corot, Rousseau e Daubigny). In questa sezione sono presentate le opere di altri artisti significat­ivi e poco noti al pubblico internazio­nale. quali l’impression­ista bavarese Max Feldbauer, Henrich von Zügel di Monaco di Baviera, Philipp Klein di Mannheim e lo scultore August Gaul. Una mostra con molte scoperte e, per il pubblico italiano, un motivo di interesse ulteriore: molti di questi artisti, a noi pochissimo noti, si dedicarono con particolar­e impegno a ritrarre proprio i paesaggi del Bel Paese.

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Alcune delle opere in mostra: qui accanto, Biergarten di Max Liebermann (1915); sotto
Il pittore a Capri di Max Slevogt
(1889); Mucche al pascolo di Lovis Corinth (1903);
Via Senese di Georg Grevelinda­u (1912)
Particolar­i Alcune delle opere in mostra: qui accanto, Biergarten di Max Liebermann (1915); sotto Il pittore a Capri di Max Slevogt (1889); Mucche al pascolo di Lovis Corinth (1903); Via Senese di Georg Grevelinda­u (1912)
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