Corriere Torino

Anni fa nel palazzo una tragedia simile

Il fidanzato: «Quell’audio ascoltato ore dopo» Lo choc dei vicini

- F. Rul.

«Ho ricevuto un messaggio audio dalla mamma di Chiara in cui mi chiedeva aiuto. Ma io l’ho ascoltato troppo tardi». Matteo Gilardi, il fidanzato di Chiara Rollo, la 33enne che ha ucciso la madre e poi si è tolta la vita lanciandos­i dal nono piano del palazzo di corso Racconigi, a Torino, per tutta la mattina di ieri è rimasto seduto sulle scale dell’androne. Con lui, oltre alle forze dell’ordine, anche i genitori.

Diverse volte ha raccontato alla polizia quello che era successo: di aver ricevuto una richiesta di aiuto dalla suocera, di non darsi una spiegazion­e per quanto fatto da Chiara, con cui aveva studiato insieme ingegneria, e confermato che la ragazza aveva diminuito da qualche tempo le dosi dei medicinali che prendeva. Immobile, ha atteso la fine dei rilievi per poi salire a bordo dell’auto guidata dal padre e tornare a casa.

«Luana era una donna molto buona. Preferiamo non dire altro per ora per rispetto della vittima», ha detto prima di allontanar­si dal palazzo ormai vuoto. Fino a quel momento il viavai dei vicini non si era mai fermato.

«Abbiamo sentito urlare. Poi un tonfo. E infine il silenzio. Solo quando ci siamo affacciati abbiamo visto il corpo della ragazza ormai senza vita in cortile», hanno raccontato alcuni condomini. Molti di loro sono stati svegliati nelle prime ore di domenica dalla corsa per le scale, quasi una lotta contro il tempo, fatta dalla polizia. Un tentativo disperato per salvare la vita della 33enne che si è tolta la vita dopo aver ucciso la madre che da qualche giorno era ospite nel suo appartamen­to al nono piano del palazzo.

«Ho visto solo un’ombra passarmi davanti agli occhi — racconta un testimone che vive al quinto piano del palazzo —. Mi sono affacciato da balcone e ho visto il corpo della ragazza cadere al suolo. Chiedeva aiuto. Mentre cadeva si è anche impigliata tra i fili per stendere che sono sui balconi. Ho capito solo ora che cosa era accaduto». Alcuni di loro hanno raccontato di aver sentito delle grida provenire dall’appartamen­to.

«Qualche ora prima dell’arrivo della polizia — racconta uno di loro —, ho sentito urlare. Non ho dato però peso a quel litigio e non ho chiamato le forze dell’ordine. Non è la prima volta che nel nostro palazzo avviene una tragedia. Già sei anni fa un altro ragazzo si era suicidato nello stesso modo».

Nel palazzo nessuno conosceva Chiara, se non per averla incrociata qualche volta per le scale. «Aveva affittato una delle stanze dell’appartamen­to al nono piano che vengono date agli studenti — raccontano alcuni vicini —. In questo momento c’era solo lei a causa del Coronaviru­s. Non sapevamo nemmeno dell’arrivo della madre. Nessuno di noi poteva immaginare questa tragedia». Luana Antonazzo insegnante di matematica al biennio dell’istituto De Giorgi di Lecce, nella sua Castromedi­ano di Cavallino, era molto conosciuta. «Non è facile parlare di una collega che non c’è più — dicono i colleghi che con lei lavoravano —. Luana è stata una scrupolosa «donna di scuola» ed ha contribuit­o alla formazione di intere generazion­i di studenti. Energica e vitale, un vero esempio di coerenza e rettitudin­e, che svolgeva il suo lavoro con lo sguardo sempre attento verso le esigenze dei ragazzi, a cui dava tutto con un impegno totale. Di lei ci restano i ricordi del viso sorridente, incornicia­to da una folta chioma rossa e i suoi occhi attenti ed espressivi».

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