«Mode e mercati furono stravolti»
«Per quel che mi riguarda, la finale di Wimbledon del 1980 è stata la rivoluzione in mezz’ora». Tennis a parte, in quegli anni è cambiato il modo di vestirsi, è cambiato il modo di stare al mondo. Anche grazie allo sport. Marco Boglione si ricorda perfettamente quella domenica.
Non è nostalgia, piuttosto storia. «Per quel che mi riguarda, la finale di Wimbledon del 1980 è stata la rivoluzione in mezz’ora». Tennis a parte, in quegli anni è cambiato il modo di vestirsi, è cambiato il modo di stare al mondo. Anche grazie allo sport. Marco Boglione si ricorda perfettamente quella domenica di luglio, la discesa in campo di Mcenroe e di Borg come un oltraggio alla tradizione del total white e un conseguente «era ora» nei confronti di un troppo rigoroso bianco e nero. Da quel momento in poi è stato stravolto il mondo, lo sport ha cominciato ad accogliere il colore. Fashion, we can. «La finale tra Borg e Mcenroe ha rappresentato una inversione di mercato, trainata dallo sviluppo dello sport di massa. Da quel momento in poi l’abbigliamento sportivo si è sviluppato ovunque, anche fuori dai campi e dagli stadi». Gli atleti hanno cominciato a diventare modelli da seguire, da imitare ben prima di Instagram. È nato lo sportswear, il modo in cui ancora oggi ci vestiamo tutti i giorni. Il fondatore di Basicnet, l’azienda che possiede tra gli altri marchi anche Robe di
Le sponsorizzazioni
«Sono ottimi affari. Se penso a Cabrini e Tardelli, li immagino mentre giocano al Comunale con la tuta della Kappa addosso»
Kappa e Superga è convinto che l’abito non faccia il monaco. «Lo stile è quando l’abito assomiglia al monaco che lo indossa. Quando si sceglie un testimonial non bastano i follower sui social network. Serve che il monaco somigli ai valori del brand, li rappresenti». Panatta e le Superga, per esempio: «Un rapporto che ha funzionato molto bene perché Panatta era un bel tipo, somigliava a una rock star». Ma a proposito di brand e testimonial, prima della sponsorizzazione del Napoli, del Toro e del Sassuolo in serie A, per la Kappa c’è stata la Juventus e quella tuta soprannominata «Panda» a cui è associata l’immagine di tutto il meglio che si sia visto nel calcio italiano in quegli anni, campioni del mondo su campioni del mondo. A partire dal 1978 e fino al 2000 l’azienda torinese è stata sponsor di tutte le maglie in bianco e nero, con quel logo che ha fatto la storia dello stile italiano, due giovani seduti con le gambe raccolte, disposti schiena contro schiena. Se pensiamo a Platini a Zidane e a Del Piero a Torino, pensiamo a quella maglia e a quel logo disegnato nel lato destro, di fianco al tricolore. «Quella è stata la prima sponsorizzazione da parte di un brand a una squadra di calcio». Da quel momento in poi sport e marketing insieme avrebbero fatto affari, è stata una intuizione made in Torino. Un’idea vincente ancora adesso. «È sempre costato molto vestire i calciatori, anche all’inizio», prosegue Boglione «ma si tratta di un investimento. Sono ottimi affari. Se penso a Cabrini e Tardelli, li immagino mentre giocano al Comunale con la tuta della Kappa addosso». Sono passati quarant’anni, sembra ieri. Non era solo estetica, ma sostanza. Oltre alla divisa, avere in squadra Carini e Tardelli significava vincere facile.