Sul referendum, gli eletti divisi su cosa votare
Fronda anche nel M5S. Ferrero: «Voto no»
Non c’è pace nei partiti sul referendum per il taglio dei parlamentari. Domenica 20 e lunedì 21 settembre gli italiani saranno chiamati a votare sì o no per ridurre il numero dei deputati da 630 a 400 e dei senatori da 315 a 200. Ma a meno di due settimane dal voto, molti eletti piemontesi non hanno ancora preso posizione, mentre tra i militanti si ingrossano le fila di chi parla di un «taglio alla democrazia». Nei partiti ci si divide, anche nel M5S che pure è tra i sostenitori del Sì. La consigliera comunale Ferrero infatti ha annunciato che voterà no.
Non c’è pace nei partiti sul referendum per il taglio dei parlamentari. Domenica 20 e lunedì 21 settembre gli italiani saranno chiamati a votare sì o no per ridurre il numero dei deputati da 630 a 400 e dei senatori da 315 a 200. Trattandosi di un quesito confermativo, non ci sarà bisogno di un quorum minimo, e l’astensione non equivarrà ad aver crocettato sul «no». Ma a meno di due settimane dalla chiamata alle urne, moltissimi eletti piemontesi non hanno ancora preso posizione, mentre tra i militanti si ingrossano le fila di chi parla di un «taglio alla democrazia».
Non è passato nemmeno un anno da quando il testo di legge sulla riduzione del 36,5% dei parlamentari è passato alla Camera con la maggioranza assoluta. Furono 553 i voti a favore, 12 i contrari e 2 gli astenuti: compatti tutti gli alleati di governo, ma anche i partiti di centrodestra. Eppure oggi la fronda dei contrari cresce anche in Piemonte, e a ben vedere gli unici a fare campagna per il referendum rimangono i suoi più grandi promotori, il Movimento 5 Stelle. Forza Italia ha preso alla lettera le parole del leader Silvio Berlusconi: «C’è assoluta libertà di voto». E così se il governatore Alberto Cirio si è dichiarato per il sì, faranno una bella croce sul «no» i parlamentari Osvaldo Napoli, Claudia Porchietto, Roberto Rosso, Paolo Zangrillo. Il leader della Lega Matteo Salvini afferma che sarà coerente, ma i suoi eletti non si sono ancora schierati e tanto meno prodigati per portare avanti quanto votato. E c’è chi, tra i suoi uomini più fedeli, scuote la testa. Come l’assessore regionale Fabrizio Ricca: «Voterò no – dichiara - perché sono intimamente convinto che il problema della politica, oggi, non sia legato alla quantità delle persone che rappresentano gli elettori, ma alla qualità di chi si candida per diventare loro rappresentante. Servono politici con una sola faccia e una sola parola, che una volta eletti continuino a portare avanti quello che predicavano in campagna e che non si adattino per tornaconto personale. Questo non lo si ottiene riducendo i parlamentari, ma scegliendoli bene». Lo stesso motivo per cui +Europa, Radicali, Italia Viva, Azione e tanti comitati stanno organizzando manifestazioni e campagne per il no. Mentre gli unici banchetti con un bel «sì» disegnato e colorato sui cartelli sono quelli del Movimento, che da giorni fanno campagna in varie parti della città.
Veri «desaparecidos» sono gli eletti del Partito Democratico, che oggi si incontreranno per una direzione nazionale che dovrà decidere la linea comune da portare avanti. Sono tantissimi i militanti che spingono per il no, e chiedono ai candidati di prendere posizione, ma in pochissimi hanno avuto il coraggio di esprimersi prima dell’odierna riunione (come il segretario regionale Paolo Furia e la vicecapogruppo in Consiglio Chiara Foglietta). D’altronde il leader nazionale Nicola Zingaretti continua a parlare di coerenza, tenuta di governo e impegni presi con gli alleati grillini. Anche se, forse, il Pd dovrebbe accettare che si possa cambiare idea: basti pensare che a maggio 2019 il capogruppo Pd Graziano Delrio definiva il taglio «un pasticcio» e i deputati dem condividevano un documento con i motivi del no.
Di coerenza, invece, parla Fratelli d’italia, che in effetti insieme al M5S è l’unico partito a rimanere sul suo granitico sì: «Ritengo assolutamente incomprensibile,– afferma la deputata Augusta Montaruli votare una cosa in aula e dirne una diversa uscendo. Già solo per questo noi confermiamo il nostro sì. Dopodiché, è vero che avere meno parlamentari non significa averne migliori, ma questo è un primo passo per accelerare sulle due riforme necessarie: presidenzialismo e legge elettorale. Ci apprestiamo ad affrontare la più grande crisi economica degli ultimi tempi: il taglio è un atto simbolico dovuto».