«Inseguito dai cani randagi» Tre branchi tengono sotto scacco la periferia nord
In aumento le richieste di aiuto. Fallito il piano per catturarli
«Attenzione. Ci sono di nuovo dei cani randagi nel parco di Lungo Stura Lazio. Stamattina uno mi ha inseguito mentre passavo con la bicicletta per andare a lavorare». Risale a qualche tempo fa il racconto di Andrea Della Rolle. Il residente del quartiere Barca se l’è vista brutta e, sui social, racconta la sua disavventura: «Mi hanno inseguito per un bel po’ prima di desistere. Mi avessero preso la gamba a quest’ora sarei in ospedale».
Terminato il lockdown e arrivata l’estate, si sono moltiplicate le segnalazioni di cani che vivono liberi nelle periferie nord. «Abbiamo ricevuto una ventina di chiamate. Altre sono arrivate ai vigili. Sono dei residenti spaventati per la presenza degli animali, ma per fortuna non abbiamo notizie di aggressioni», spiega Tiziana Berno dell’enpa. L’ente nazionale per la protezione degli animali gestisce un canile in via Germagnano. È la strada dell’accampamento nomadi smantellato dal Comune a fine agosto. Ma non tutti gli abitanti della bidonville sono andati via. In mezzo ai rifiuti e alle baracche sono rimasti molti animali. «Fino a venerdì scorso abbiamo catturato due cani, tre galline e diciotto gatti. Ma i mici, che vagano nell’area, sono il triplo», aggiunge la responsabile dell’enpa.
Gli operatori stanno facendo gli straordinari per evitare di aggravare un problema che si trascina da tempo. È da quasi una decina di anni che, ai confini dei quartieri Falchera e Barca, si ripetono gli avvistamenti di branchi di cani. Complice il periodo di clausura, la questione sembrava finita nel dimenticatoio. Poi, nelle ultime settimane, è ritornata all’ordine del giorno.
A fine agosto, sul gruppo Facebook dei residenti di San Mauro, Debora Pinzuti ha lanciato l’allarme: «Sul ponte per andare verso piazza Sofia ci sono due cani randagi. Non so cosa fare mi hanno “aggredito” più di una volta senza mordermi. Ho chiamato il canile, i vigili e i carabinieri».
Cresce la protesta dei residenti. In passato, i contadini degli orti urbani dell’arrivore, zona di via Botticelli, andarono a lamentarsi in Circoscrizione 6. Il randagismo nei prati di Torino nord è un fenomeno complicato da risolvere. «Il problema ritorna ciclicamente e la gestione è sempre più difficoltosa — spiega Carlotta Salerno, presidente della Circoscrizione 6 —. Con la coordinatrice Valentina Ciappina abbiamo provato, con l’ufficio Tutela animali del Comune, a portare avanti una soluzione per far confluire i cani un una zona recintata, ma l’esito non è stato risolutivo».
L’idea sembrava buona. Ma la «gabbia» allestita dal Comune, dove gli animali sarebbero stati attirati con del cibo, è stata subito vandalizzata. la presidentessa Salerno ragiona: «È necessario individuare un sistema efficace per spostare il branco in un luogo delimitato e lontano da persone di passaggio».
In realtà, secondo l’associazione animalista Gattagorà, sono tre i gruppi. Più di una quarantina di esemplari. Lupoidi incrociati con dei maremmani. In passato sono stati visti aggirarsi nei cantieri di via Cigna. Oggi, i cani vivono in tre zone. In strada dell’arrivore, alle spalle degli orti urbani e l’ex cava, nei prati di Lungo Stura Lazio e in via Ramazzini (zona Novotel).
«Sbaglia chi crede che siano pericolosi. Scappano se avvicinati dagli uomini, ma abbiano agli altri cani», assicura Gabriella Torgano di Gattagorà. Le volontarie dell’associazioni combattono una battaglia silenziosa. Racconta: «Andiamo a portare del cibo. E catturiamo i cuccioli per salvarli dalle malattie trasmesse
Oltre 40 lupoidi Esemplari insevaltichiti che non possono essere dati in adozione e vivere in gabbia
dai ratti. Dobbiamo prenderli prima che si abituino a vivere liberi». Un particolare fondamentale. Questi randagi sono esemplari inselvatichiti. È impossibile adottarli. E se catturati non possono stare chiusi in una gabbia. Rischiano la morte. Torgano insiste: «Si è parlato di dedicare loro un’area recintata lungo il fiume, dove farli vivere in sicurezza. I tentativi di catturali sono falliti anche perché vivono in zone inaccessibili. In primis, il Comune dovrebbe bonificarle».