Attacco ai pm e Sarri, l’avvocato Romeo torna in tribunale
Dopo 600 giorni (546 di carcere): «Bugie su di me»
Tra un tiro di sigaretta e i saluti, con colleghi, cancellieri, uomini della polizia giudiziaria, nel cortile del tribunale l’avvocato Carlo Maria Romeo infila una parola dietro l’altra, dopo le spontanee dichiarazioni al Riesame: «Sto alla grande, qui mi sento a casa». Torna a palazzo di giustizia dopo seicento giorni — di cui 546 in carcere — silenzioso all’entrata, ai confini dell’euforia all’uscita. Intrecciando giustizia («su di me, tante bugie») e pallone: «Fossi stato la Juve avrei fatto repulisti della vecchia guardia, tenendo Sarri».
Tra un tiro di sigaretta e i saluti, con colleghi, cancellieri, uomini della polizia giudiziaria, nel cortile del tribunale l’avvocato Carlo Maria Romeo infila una parola dietro l’altra, dopo le spontanee dichiarazioni al Riesame: «Sto alla grande, qui mi sento a casa». Torna a palazzo di giustizia dopo seicento giorni — di cui 546 in carcere — silenzioso all’entrata, ai confini dell’euforia all’uscita. Intrecciando giustizia («su di me, tante bugie») e pallone: «Fossi stato la Juve avrei fatto repulisti della vecchia guardia, tenendo Sarri». Al terzo piano, per un’oretta, si è discusso l’appello per la revoca degli arresti domiciliari, durante il quale il suo difensore, l’avvocato Stefania Nubile (studio Grande Stevens), ha sollevato questione di illegittimità costituzionale in riferimento all’articolo 34 del codice di procedura penale, sulla incompatibilità determinata da atti compiuti nel procedimento. Nella sostanza, il giudice Loretta Bianco (presidente del collegio), nelle vesti di gip firmò un decreto di proroga di intercettazioni telefoniche per l’inchiesta che portò al blitz e all’arresto. Si vedrà. Di certo, al momento c’è la sentenza di primo grado, in abbreviato: assoluzione dal concorso esterno nella ‘ndrangheta e dalle aggravanti del metodo mafioso, condanna — a 4 anni e 6 mesi, contro i 9 e 8 mesi chiesti dalla Procura — per favoreggiamento, spaccio e tentata estorsione. Non proprio contravvenzioni.
Quasi non serve domanda, per lo sfogo: «Un avvocato può stare zitto?». Si abbassa la mascherina nera, e parte: «Se ne devono andare i bugiardi, quelli che non sanno combattere con le armi che usavo io: la lettura degli atti, il diritto. È una vergogna». Riferisce che il pm della Dda Dionigi Tibone, in udienza, ha criticato il gup: «È uno scandalo, ha detto, che ci sia un giudice che abbia dato le generiche a tutti». La Procura smentisce qualche vocabolo, ma lo stupore per la decisione c’è stato. Pausa: «Voglio chiarire che alcune cose sono delle falsità». Per questo, ha parlato ai giudici: «Ho detto di non sentire quel che dicono i colleghi, che raccontano bugie, e ho fatto l’elenco». Contesta gli arresti domiciliari, «dai quali posso comunque vedere gente: di cosa stiamo parlando?». Eppure: «L’accusa sostiene che l’occasione di reiterare il reato è imprevedibile. E che avrei dovuto dissociarmi dagli altri». Altra sigaretta: «Basta guardare gli interrogatori: “mi dissocio da tutti, anche da quelli che non conosco, in generale”». Morale (sua): «Leggete gli atti, sennò giochiamo con le carte truccate». Espressione e tono di voce cambiano solo quando parla della carcerazione: «Devi essere sicuro di voler dimostrare la tua innocenza, e poi la dignità, che è la cosa fondamentale. Se inizi a lamentarti in carcere, fai il loro gioco e dici: “vengo e ti ammetto tutto, pure quello che non ho fatto”. Ti mettono dentro senza prove e senza gravi indizi». Dall’ordinanza di custodia alla sentenza, diciamo proprio senza no. L’attacco si allarga a parti della magistratura: «È una consorteria mafiosa, come si sta vedendo dalle intercettazioni di Palamara». Sarà la sua battaglia: «Con buona pace di quei colleghi che hanno festeggiato, prendendosi i miei clienti». È sospeso dall’avvocatura da oltre un anno, ma non dice addio: «Tornerò presto, sono un tipo combattivo».
Ricorso sui domiciliari
«Lotto per la giustizia, con buona pace dei colleghi che si sono presi i miei clienti»