«All’atletica piemontese serve unità»
È l’appello del cuneese Maurizio Damilano, tra i più grandi marciatori di tutti i tempi
«L’atletica piemontese ha bisogno di unità». L’auspicio forte è di Maurizio Damilano, campione olimpico di Mosca ’80, due volte bronzo a Los Angeles ’84 e Seul ’88 e due volte campione del mondo a Roma ’87 e Tokyo ’91 nella 20 chilometri di marcia, ora apprezzato dirigente sportivo a livello internazionale, e uno dei punti di riferimento del movimento regionale, di cui è stato presidente dal 2004 al 2016. All’orizzonte ci sono le elezioni che, nel 2021, rinnoveranno i vertici del Comitato regionale della Fidal. «Le nostre sono società importanti — continua — e hanno bisogno di una Federazione forte, con idee, che possa concretizzare le loro aspettative». Il suo oro a Mosca festeggia intanto 40 anni, «e mi sono rimaste tante cose: in questi anni è cresciuta la consapevolezza di quanto ho fatto e poi c’è la soddisfazione di vedere che ho regalato emozioni che restano nel cuore delle persone che incontro. Mosca è stata la svolta nella mia vita».
«L’atletica piemontese ha bisogno di unità». L’auspicio forte è di Maurizio Damilano, campione olimpico di Mosca ’80, due volte bronzo a Los Angeles ’84 e Seul ’88 e due volte campione del mondo a Roma ’87 e Tokyo ’91 nella 20 chilometri di marcia, ora apprezzato dirigente sportivo a livello internazionale, promotore del fitwalking e uno dei punti di riferimento del movimento regionale, di cui è stato presidente dal 2004 al 2016. All’orizzonte, infatti, ci sono le elezioni che, nel 2021, rinnoveranno i vertici del Comitato regionale della Fidal.
«Mi auguro che nel prossimo quadriennio si possa avere un movimento il più largamente possibile unito, nel governo e nel lavoro che si dovrà fare per favorire la crescita della Federazione e degli atleti. Le nostre sono società importanti e hanno bisogno di una Federazione forte, con idee, che possa concretizzare le loro aspettative».
Come sta l’atletica piemontese?
«Il momento non è facile però si sono comunque evidenziate tante eccellenze. La principale è Luminosa Bogliolo, l’ostacolista ligure che si allena anche a Pinerolo, un segnale molto significativo. Ma ci sono tante luci che brillano nel nostro vivaio, a testimonianza che il Piemonte è un territorio con grande tradizione, di atleti e di tecnici. Uno per tutti, il compianto Elio Locatelli».
Facciamo qualche nome? «Penso sicuramente a Daisy Osakue nel disco, a Stefano Sottile nel salto in alto, ai gemelli De Matteis nella corsa in montagna. Penso ai tanti organizzatori di gare, dal Memorial Stellina, alle maratone e mezze maratone. E penso alle tante società che lavorano bene, ogni giorno, nella promozione e nel reclutamento degli atleti. Purtroppo c’è anche una grande assenza…». Sarebbe?
«La scuola è la grande assente nel mondo dello sport, pur essendo un bacino prezioso per parlare ai giovani e farli avvicinare allo sport. È un tema che va rilanciato. E l’atletica è fondamentale perché consente ai ragazzi di avere la base per qualsiasi scelta successiva: permette una crescita individuale maggiore rispetto alle discipline di squadra, li responsabilizza».
Il 2020 è l’anno dei grandi anniversari. Livio Berruti ha appena festeggiato i 60 anni dall’oro nei 200 a Roma’60. Per lei sono 40 anni dal trionfo di Mosca.
«Mi sono rimaste tante cose: in questi anni è cresciuta la consapevolezza di quanto ho fatto e poi c’è la soddisfazione
di vedere che ho regalato emozioni che restano nel cuore delle persone che incontro. Mosca ha rappresentato la svolta nella mia carriera sportiva, è stato il primo grande risultato che mi ha dato molte certezze in più e la forza per superare i momenti più difficili».
Flash di quel 24 luglio?
«Erano i Giochi del boicottaggio Usa ma nella nostra specialità non influì: fu un’olimpiade vera dal punto di vista della qualità. Non ero il favorito ma sapevo di poter lottare per una medaglia. La strategia fu perfetta: utilizzare il traino dei migliori e poi giocarsi tutto nel finale. Entrai da solo nello stadio Lenin, un’emozione straordinaria, la più forte che si può vivere».
La sua carriera è stata straordinaria: 241 podi in 291 gare, una percentuale dell’82%.
«La mia caratteristica è di non aver mai avuto risultati eccessivamente negativi, anche nei grandi appuntamenti. Sono stato circa quindici anni al vertice, dal 1978 al 1992, e il peggior piazzamento nella venti chilometri è stato un settimo posto. La regolarità mi ha aiutato e premiato».
Il ricordo La soddisfazione più grande per i miei successi? Vedere che ho regalato emozioni che ancora restano nel cuore di tanti appassionati La politica In Piemonte ci sono grandi società, e hanno bisogno di una Federazione forte, con idee. E poi va rivisto il sistema scolastico