Il gioco sporco di ciclisti contro automobilisti
Come attivisti e attiviste di Fridays For Future, decidendo di scrivere, abbiamo preso l’impegno di dire sempre la verità, compito fondamentale dei media. Nelle ultime settimane ci siamo ritrovati assediati da diversi titoli che descrivono le strade della nostra città come un campo di battaglia tra automobili e altre forme di mobilità. Al primo posto della lista nera di chi corre in macchina si trova, senza sorpresa, chi usa la bici. «Maledetti ciclisti» è il ritornello che risuona spesso: rubano spazio per i parcheggi con le loro piste ciclabili, oppure intralciano il traffico se la ciclabile non c’è. In ogni caso sono sempre di troppo. È fondamentale interrompere al più presto questa narrativa tossica che mette gli utenti della strada gli uni contro gli altri: muoversi non dovrebbe essere una guerra, non dovrebbero esistere «buoni e cattivi». Le persone fanno tutte parte della stessa società che negli anni ha investito molto, evidentemente troppo, nelle quattro ruote, rendendo l’auto la padrona indiscussa della strada e simbolo di un’illusione di benessere consumista e inquinante. Le altre forme di mobilità, tra corsie preferenziali e piste ciclabili, devono sgomitare per farsi spazio tra le regine dell’asfalto. Serve una nuova cultura di democrazia urbana e di condivisione degli spazi: la strada è di tutti e deve essere condivisa in modo equo e sicuro. I mezzi di informazione devono smettere di alimentare la narrazione del «conflitto» sulla mobilità, soprattutto devono smettere di denigrare chi sceglie la mobilità sostenibile. Questo fenomeno accade perché ormai troppo spesso mezzi d’informazione ed eventi culturali sono finanziati da aziende private. Contro il mutismo selettivo dei media, nella notte tra il 4 e il 5 settembre, attivisti e attiviste inglesi di Extinction Rebellion hanno ritardato l’uscita di molti importanti giornali che si ostinano a portare avanti narrative vecchie e fuorvianti, tra cui il Times e il Sun. Abbiamo un impellente bisogno di un’informazione libera da conflitti di interesse, indipendente da grandi aziende e che dica la verità, negli interessi delle persone e del pianeta, l’unico che abbiamo per poter vivere.
Muoversi non dovrebbe essere una guerra, non dovrebbero esistere «buoni e cattivi»