Corriere Torino

Il gioco sporco di ciclisti contro automobili­sti

- Di Alessio Ferrero e Barbara Mezzalama

Come attivisti e attiviste di Fridays For Future, decidendo di scrivere, abbiamo preso l’impegno di dire sempre la verità, compito fondamenta­le dei media. Nelle ultime settimane ci siamo ritrovati assediati da diversi titoli che descrivono le strade della nostra città come un campo di battaglia tra automobili e altre forme di mobilità. Al primo posto della lista nera di chi corre in macchina si trova, senza sorpresa, chi usa la bici. «Maledetti ciclisti» è il ritornello che risuona spesso: rubano spazio per i parcheggi con le loro piste ciclabili, oppure intralcian­o il traffico se la ciclabile non c’è. In ogni caso sono sempre di troppo. È fondamenta­le interrompe­re al più presto questa narrativa tossica che mette gli utenti della strada gli uni contro gli altri: muoversi non dovrebbe essere una guerra, non dovrebbero esistere «buoni e cattivi». Le persone fanno tutte parte della stessa società che negli anni ha investito molto, evidenteme­nte troppo, nelle quattro ruote, rendendo l’auto la padrona indiscussa della strada e simbolo di un’illusione di benessere consumista e inquinante. Le altre forme di mobilità, tra corsie preferenzi­ali e piste ciclabili, devono sgomitare per farsi spazio tra le regine dell’asfalto. Serve una nuova cultura di democrazia urbana e di condivisio­ne degli spazi: la strada è di tutti e deve essere condivisa in modo equo e sicuro. I mezzi di informazio­ne devono smettere di alimentare la narrazione del «conflitto» sulla mobilità, soprattutt­o devono smettere di denigrare chi sceglie la mobilità sostenibil­e. Questo fenomeno accade perché ormai troppo spesso mezzi d’informazio­ne ed eventi culturali sono finanziati da aziende private. Contro il mutismo selettivo dei media, nella notte tra il 4 e il 5 settembre, attivisti e attiviste inglesi di Extinction Rebellion hanno ritardato l’uscita di molti importanti giornali che si ostinano a portare avanti narrative vecchie e fuorvianti, tra cui il Times e il Sun. Abbiamo un impellente bisogno di un’informazio­ne libera da conflitti di interesse, indipenden­te da grandi aziende e che dica la verità, negli interessi delle persone e del pianeta, l’unico che abbiamo per poter vivere.

Muoversi non dovrebbe essere una guerra, non dovrebbero esistere «buoni e cattivi»

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