Higuain, addio triste alla Juve
L’argentino è stato il primo grande azzardo di Agnelli, per prezzo (90 milioni) e scippo alla concorrenza: ha funzionato due anni
Lo sbarco (a Caselle) fu da invasione dei sogni («Qui sono in Paradiso»), il decollo (verso Miami) da fuga dagli incubi. Con quell’aria che accompagna spesso i romanzi di Osvaldo Soriano: triste, solitario y final. A 32 anni, Gonzalo Higuain lascia Torino, e la Juve, per atterrare in Florida ieri mattina, il pomeriggio in Italia: berretto marrone in tinta con la t-shirt, pantaloncini di jeans e pollice alzato. Oltre al sorrisone sotto la mascherina, per la rescissione con i bianconeri e la firma sul contratto da 7,5 milioni di dollari con l’inter Miami di David Beckham. «Un caldo benvenuto a Gonzalo Higuain, un attaccante di livello mondiale e un campione», lo slogan consegnato a twitter da Jorge Mas Santos, ad e socio del club della Mls. La nuova avventura si profila come il clima: più sole, meno stress.
A giudicare dai commenti, coloriti, di questi mesi, a tanti tifosi bianconeri restano soprattutto le ultime immagini della scorsa stagione, così come spesso succede nella vita, e non solo nel pallone: in fondo, per dirla con David Foster Wallace, ogni storia d’amore è una storia di fantasmi. Si rischierebbe così di consegnare alla memoria un centravanti in eccesso — in squadra e di peso — ovvero, un flop da 90 milioni di euro. Abbastanza falso. Il Pipita è stato pure il numero nove da 55 gol in 105 partite, la razzia delle prime due stagioni. Con dentro la zuccata (decisiva) a San Siro, dimora Inter. Nel mezzo, certo, c’è la finale di Cardiff, che sbagliò,come tutta la squadra però, e sfide europee non sempre memorabili. Qualcuna, sì: la zampata e l’assist per la rimonta di Wembley, contro il Tottenham. Dopodiché, alla lunga, Higuain s’è fermato al suo destino: più trascinato che trascinatore.
Fu il primo enorme azzardo monetario della Juve, per prezzo (90 milioni, appunto) e sfregio alla diretta concorrenza (il Napoli). Del resto, gli altri grandi nove erano incedibili e imprendibili — da Lewandowski e Cavani a Suarez e Aguero — e allora Madama puntò su mister 36 reti (in 35 partite). E lui, già alla prima con la Fiorentina, entrò subito nella parte (e dalla panchina): un gol di rapina e precisione, raccolto da un angolazione complicata, in meno di 300 secondi. Al giro dopo, contro il Sassuolo, una volée da far venire giù lo Stadium. Insomma, alla grandissima. Davanti lui e dietro la curva: «Siam venuti fin qui per vedere segnare Higuain». Lo fece spesso, anche quando pareva in crisi, o «cicciotello». Come nell’ottobre 2017, ancora a San Siro: escluso dall’argentina, quasi ai margini della Juve, piantò due chiodi sul Milan (0-2). Tutto a un tratto, pareva meno grasso e meno isterico. Perché poi il sali e scendi delle prestazioni si porta dietro il luna park dei giudizi. Per l’occasione, faceva coppia con Dybala, quello che gli fornì le micce, tra un velo e un tocco. Al Pipita, non restò
Lo sbarco in Florida
Higuain da ieri è in Usa: contratto da 7,5 milioni di dollari con l’inter Miami di Beckham
Alti e bassi
Dai gol dei primi due anni (55 in 105 gare) al flop (e forma fisica) dell’ultima stagione
che sfoderare il suo repertorio da serial killer. Da sempre, infatti, la testa e non la tecnica sono stati il limite, quello che l’ha sistemato tra i campioni ma escluso dai fuoriclasse. Un po’ troppo emotivo, s’è perso nelle finali, anche se nel principato di Monaco, con due spari, spinse la Juve a Cardiff. Poi venne l’anno al confino, tra Milan e Chelsea, causa CR7. E ora, dopo una stagione più di separazione che di unione, il saluto è superfluo o in ritardo. Da romanzo di Raymond Chandler: «Arrivederci, amigo. Non vi dico addio. Vi dissi addio quando significava qualcosa». Nel 2018.