«Le istituzioni stringano un patto sociale per la ripresa»
I dati Istat sul lavoro usciti alla vigilia aggiungono altra preoccupazione a quella che ha spinto i sindacati a riunirsi in piazza Castello questa mattina sotto lo slogan #Rinascitatorino. Sono mezzo milione i posti di lavoro persi a livello nazionale nel secondo trimestre. Cgil, Cisl e Uil temono che se le previsioni di aumento del tasso di disoccupazione di 3-4 punti percentuali a livello nazionale si avverassero, l’area metropolitana di Torino pagherebbe un prezzo molto alto: oltre 30mila senza lavoro in più.
Per questo motivo i tre seciò gretari hanno chiamato a raccolta i lavoratori, per spronare ancora una volta le istituzioni a reagire. Anche perché le prime avvisaglie di un autunno difficili ieri si sono già fatte sentire: da una parte lo sciopero alla Lear di Grugliasco, ancora sotto ammortizzatore sociale e appesa alle commesse dei sedili Maserati; dall’altra il licenziamento di 12 addetti nel cambio d’appalto della manutenzione del riscaldamento alle Molinette, passata da Gemis a Edison-la Fenice. «Il coronavirus ha aggravato la situazione e anche se qualche segnale di timida ripresa si vede, al massimo torneremo a dove eravamo prima — afferma la numero uno della Cgil Torino, Enrica Valfrè —. Nei mesi che ci separano dallo sblocco dei licenziamenti dobbiamo investire sulla ripartenza, penso all’automotive, alle filiere industriali e al digitale-. Chiaro, nessuno ha la ricetta pronta, ma Torino attraverso il Recovery Fund si può riprogrammare, politica e istituzioni devono fare da catalizzatori».
A condividere la stessa linea di azione è anche Lo Bianco, segretario Cisl: «Tutti gli indicatori mettono apprensione per questo autunno, serve peruna visione per gestire al meglio le risorse che arriveranno dall’europa: chiediamo alle istituzioni un patto sociale per uscire da questo declino e disegnare il futuro».
Le basi però sono fragili: secondo il centro Lavoro & Welfare dell’ex ministro Cesare Damiano la cassa integrazione ordinaria in Piemonte nei primi sei mesi dell’anno è esplosa a oltre 62 milioni di ore (+486%), mentre quella in deroga a 13,5 milioni (+27%). «Era lecito attendere, a luglio, un ulteriore calo delle ore di cassa integrazione autorizzate già registrato nel mese di giugno rispetto a quello precedente. Ma il calo, invece, non si è verificato», osserva Damiano.
«Siamo la città più cassintegrata d’italia — chiosa Gianni Cortese, segretario Uil —, il Piemonte poi ha perso 92 mila posti di lavoro in termini di mancati avviamenti, il quadro è desolante-. La manifestazione serve a ribadire che il tempo è scaduto, già a dicembre infatti, quando siamo partiti con la fiaccolata, la situazione era difficile, ora il coronavirus l’ha aggravata».