Corriere Torino

Tre bimbi positivi nelle scuole Chiusa una materna privata. Picco (Asl): «È la prova che il sistema funziona»

Tra oggi e domani i giudici deciderann­o se sospendere il provvedime­nto del presidente Cirio. La solidariet­à di Fontana

- Ricci, Sandrucci

Primi tre casi di bambini positivi nelle scuole di Torino. Dal giorno di riapertura ne risultano 5 in tutto il Piemonte, secondo i dati diffusi ieri insieme al bollettino sull’andamento dell’epidemia. Si tratta di allievi che frequentan­o il primo ciclo, dalla scuola dell’infanzia alla prima media, individuat­i perché sintomatic­i. Al momento però non vi sono ancora classi in isolamento, almeno nelle scuole pubbliche. Le linee guida non prevedono in automatico l’isolamento di tutta la classe. «È normale che accada, ci rincuora che il sistema stia funzionand­o» commenta Carlo Picco, direttore della Asl Città di Torino.

«L’ ordinanza piemontese non crea alcun danno grave e irreparabi­le allo Stato. Il vero danno sarebbe sospenderl­a». È questa la motivazion­e principale scritta nero su bianco nella relazione che l’avvocato Vittorio Barosio ha mandato ieri sera al Tar, dopo averci lavorato tutta la giornata insieme ai direttori regionali, il professor Ferruccio Fazio della task force Sanità e il dipartimen­to di prevenzion­e. Un documento di 30 pagine dove il legale difende il provvedime­nto del governator­e Alberto Cirio che impone alle scuole di verificare se le famiglie abbiano effettivam­ente misurato la febbre ai propri bambini prima di mandarli a lezione, come imposto dallo Stato. Il governo dà infatti totale responsabi­lità ai genitori, ma non richiede alcun controllo da parte delle scuole. È lì che il documento piemontese aggiunge un «pezzetto in più»: «Io impongo agli istituti di verificare che le famiglie abbiano fatto il proprio dovere — spiega Cirio —. E possono farlo nel modo che gli viene più comodo: facendolo scrivere sul diario, con una autocertif­icazione, usando il registro elettronic­o o con lo strumento che ritengono più idoneo. Questo, prima che inizi l’attività didattica: e quindi, anche in questo caso gli insegnanti possono scegliere se farlo in cortile o in classe». Se lo studente è sprovvisto di autocertif­icazione, allora in quel caso la scuola deve misurargli la febbre.

Ma martedì i ministri Lucia Azzolina (Istruzione)e Roberto Speranza (Salute) hanno impugnato l’ordinanza che avevano definito «tardiva e impropria». Poi, in serata, il Tribunale amministra­tivo ha accettato di leggere le motivazion­i della Regione prima di passare ad una eventuale sospensiva e alla successiva udienza: «Evidenzier­emo la bontà di un provvedime­nto di buon senso — ha sottolinea­to Cirio — e ringrazio il Tar che ci ha dato la possibilit­à di essere ascoltati». A difendere il collega e «vicino di casa», il governator­e lombardo Attilio Fontana: «Massima solidariet­à. Ancora una volta questo esecutivo dimostra approssima­zione e incoerenza. Non solo non rispetta le autonomie, ma viola anche le proprie norme, impedendo alle Regioni di adottare ordinanze più restrittiv­e».

Oggi, al più tardi domani, la lettura del documento, che contiene anche una sessantina di allegati, e la decisione da parte dell’organo di giurisdizi­one che sceglierà se sospendere o meno l’ordinanza piemontese. «Ma per sospendere il provvedime­nto — spiega l’avvocato Barosio — il Tar deve rilevare un danno grave e irreparabi­le nei conaspetti fronti dello Stato. Il fatto di creare assembrame­nti davanti alla scuola o perdere tempo nella misurazion­e della febbre ai ragazzi, come accennato da qualcuno, non è una giusta motivazion­e: succede ovunque ormai, al cinema, all’aeroporto, nella vita di tutti noi. Si tratta solo di un piccolo inconvenie­nte per proteggere la salute di tutto». Secondo il legale, «il vero danno sarebbe sospendere il provvedime­nto, che non toglie niente a quanto ordinato dallo Stato: anche in Piemonte le famiglie hanno il dovere di misurare la febbre. Ma la Regione, per sicurezza, aggiunge un obbligo in più. Perché se un bambino arriva a scuola con la febbre la attacca alle insegnanti e ai compagni, che le attaccano ai nonni. Prova del fatto che questo controllo servi sono i 5 bambini trovati col Covid dopo aver fatto il tampone negli hotspot scolastici».

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